RomaWilliam Shakespeare avrebbe detto: sogno di una notte di mezza estate. O forse, più cinicamente: tanto rumore per nulla. La speranza di vedere in un prossimo futuro limate le aliquote fiscali, decollata con un titolo in prima pagina di Repubblica il giorno di Ferragosto, è precipitata ieri con le parole di Mario Monti: «Il governo non ha attualmente allo studio un provvedimento di questo genere», la precisazione del premier, che però pensa di meritare la gratitudine dei suoi concittadini. «Non ho voluto smentire il giorno stesso per non amareggiare il Ferragosto degli italiani». E poi dite che Monti non ha un cuore.
Tutto nasce la mattina del 15 agosto, quando Repubblica spara in prima: «Monti studia il taglio dell'Irpef». Nell'articolo di Claudio Tito si spiega che un dossier sulle misure di alleggerimento fiscale giacente in un cassetto della scrivania di Monti è pronto a rispuntare fuori, con la benedizione dei leader di Pdl e Pd, i due principali sostenitori dell'esecutivo, una volta superato un settembre pieno di fatidici appuntamenti europei e una volta licenziate un altro po' di misure per ridurre il debito pubblico (e ti par poco). Dopo, e solo dopo, il governo potrebbe metter mano al Fisco, per dare un segnale di ottimismo agli italiani e premere finalmente quel pulsante rosso su cui c'è scritta la parola magica: crescita.
E invece niente. Ieri, giorno 16, passato il Ferragosto e fatto digerire agli italiani il pollo con i peperoni, il ragionier Monti fa i conti e dice no. Anche se ammette: «Il carico fiscale sulle persone fisiche e sulle imprese in Italia è certamente eccessivo». Però: «In questo momento l'attenzione per il riequilibrio della finanza pubblica non può essere allentata». Infine una vaga promessa: «Un Fisco meno gravoso è una sacrosanta esigenza per i contribuenti onesti. Renderlo concretamente possibile, senza fare promesse irrealizzabili, è un obiettivo tra i più importanti per il governo. (...) Quando una tale prospettiva verrà delineata e sarà considerata credibile anche dai mercati ipotesi di un minore carico fiscale saranno non solo auspicabili, ma concretamente realizzabili».
E mentre il giornalista di Repubblica autore dell'articolo, Claudio Tito, insiste «che la questione è stata discussa - non decisa - negli ultimi colloqui del premier», la politica sembra poco sorpresa dal chiarimento di Monti. Ognuno fa il suo mestiere. L'Udc applaude acriticamente: «Ancora una volta il presidente Monti dimostra serietà e rigore assoluto e di questo gli siamo grati», dice Gianluca Galletti. Il Pdl ammonisce e minaccia: «Ogni timidezza del governo nella revisione della spesa complessiva e di quella sociale avrà come conseguenza un ritardo nel raglio delle tasse, obiettivo primario per rilanciare la crescita del Paese. Non farlo significa che Monti ha sposato una linea di politica economica che lo porta in una condizione di conflitto o di distanza con il Pdl», fa notare Osvaldo Napoli, vicecapogruppo alla Camera. Il Pd se la prende guarda caso con il Pdl stesso: «L'ostacolo è di natura politica e dovuto al fatto che progressisti e conservatori, Pd e Pdl, hanno culture economiche e visioni alternative di equità», spiega Stefano Fassina, responsabile economico del Pd. L'opposizione bastona alla cieca: «È bastato il semplice abbaiare del cane pastore tedesco contro la Grecia per far subito innestare la retromarcia a Monti sulle tasse», ironizza il leghista Roberto Calderoli»; «È pura fantascienza ipotizzare che il governo dei banchieri e dei poteri forti possa tagliare le tasse a carico dei lavoratori e di quelle imprese che investono in Italia», il dipietrista Maurizio Zipponi.
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