Monti: "Non farò il capo partito". Via il nome dal simbolo

Dopo il flop del governo tecnico e la batosta elettorale, il Professore fa un passo indietro: niente incarichi in Scelta civica. Si accontenterà di fare il senatore a vita...

Monti: "Non farò il capo partito". Via il nome dal simbolo

Resa totale. Dopo il flop di un governo tecnico che non solo non è stato capace di far rialzare l'economia italiana ma che ha addirittura falcidiato i risparmi di famiglie e imprese, dopo la batosta elettorale che ha relegato la lista Scelta civica in un angolino del parlamento, dopo che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha deciso di tenerlo in vita, sullo scranno di Palazzo Chgi, in attesa che il Pd prenda coraggio e decida cosa fare, Mario Monti fa un passo indietro.

Non tornerà all'Università Bocconi di Milano. Non riallaccerà i rapporti coi poteri forti del Vecchio Continente. O, almeno, non lo farà formalmente. Il Professore ha, infatti, deciso di tirarsi fuori dall'agone politico, pur restando con entrambi i piedi ben piantati in parlamento. Ormai, guai a schiodarlo da Palazzo Madama. La carica di senatore a vita ce l'ha, e se la tiene stretta stretta. Così, dopo l’esperienza di governo, il premier uscente (lustrino che ormai continua a portarsi dietro nonostante gli italiani siano andati a votare da diverse settimane orsono) resterà "solo" senatore a vita. E Scelta civica? E l'agenda Monti? E il cambiamento? Tutto da buttare. Ci avevano già pensato gli italiani col voto di fine febbraio a bocciare quell'agenda che, dopo tredici mesi di tasse e austerity, non avrebbe fatto altro che continuare a calcare la strada che ha fatto sprofondare il Paese in una recessione economica senza precedenti.

Dallo scranno di senatore a vita, Monti ha deciso di fare il "padre nobile" della sua Scelta Civica ma si rifiuta, categoricamente, di avere "incarichi operativi". Nel retroscena, scritto da Francesco Verderami sul Corriere della Sera di oggi (leggi l'articolo), emerge tutta l'insofferenza di Monti . Non si sente un leader di partito. "Non è il mio mestiere", come avrebbe annunciato. A rimetterlo al suo posto ci aveva pensato, qualche giorno fa, lo stesso leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini che, dopo averlo portato in palmo di mano, lo ha silurato scaricandogli addosso tutte le colpe del flop incassato dai centristi alle urne. Secondo la ricostruzione del quotidiano di via Solferino, Monti si sentirebbe infatti di essere diventato "il capro espiatorio" per tutto e di essere trattato ingiustamente da molti: dai partiti che "mi avevano chiamato in soccorso", dalle forze sociali che oggi andranno "squallidamente a braccetto senza però indicare come uscire dalla crisi" e anche dai suoi stessi alleati che "mi implorarono di fare il capo della coalizione alle elezioni e adesso dicono di aver donato il sangue per me". Manie di persecuzione? Lacrime do coccodrillo? Una cosa è certa: spinto dall'onda dell'anti belusconismo e presentato agli italiani come il salvatore della patria, il Professore ha messo il Paese nei guai facendo lievitare vertiginosamente la pressione fiscale e non attuando quella spinta liberale che aveva promesso al momento del suo insediamento a Palazzo Chigi.

Quello di Monti, però, non è un addio. Non si tratterebbe, infatti, di disamore per la politica. Niente affatto.

"Non considero terminata l’esperienza di Scelta Civica, che anzi resta una forza necessaria alla tenuta europeista del Paese", ha spiegato al Corsera. Tuttavia, già dalla prossima settimana, si leggerà nello statuto la scelta di Monti: la sua assenza dagli incarichi e la cancellazione del suo nome dal simbolo.

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