Roma - No Monti, no party. Cala la depressione tra i centristi montiani. Quello che nei sogni di molti avrebbe dovuto rappresentare un comodo vascello verso la rielezione in Parlamento e magari uno scivolo verso qualche incarico di prestigio rischia di trasformarsi in una zattera stretta, instabile e rischiosa, una scialuppa incapace di contenere gli strabordanti equipaggi provenienti da eserciti diversi.
Le intenzioni del premier dimissionario restano avvolte nella nebbia, al contrario della data del voto che il Consiglio dei ministri ha fissato ieri per il 24 e 25 febbraio. I centristi hanno provato a parlare con lui ma hanno avuto la sensazione che il Professore si sia chiuso in se stesso per riflettere, spaventato dall'abbraccio mortale di tanti politici di professione che guardano a lui come una sorta di «salvavita». E lui stesso, parlando con alcuni ministri in merito a un suo possibile impegno avrebbe aggiunto: «Sto riflettendo. Non è né un sì, né un no». Raccontano che il Professore avesse in testa una lista composta da soli tecnici - tra questi il magistrato Stefano Dambruoso - ma che abbia subito richieste eccessive. Così come lo avrebbe convinto ben poco l'idea del copyright esterno, quella sorta di franchising con il suo nome messo a disposizione di altri.
Di certo chi non ha ancora rinunciato alla possibilità di vederlo in campo sono i centristi. Tra loro nessuno vuole ammettere che le possibilità di un impegno diretto siano ridotte al lumicino. Piuttosto ci si aggrappa alle parole che pronuncerà oggi nella conferenza stampa di fine anno e durante la partecipazione a In 1/2 ora da Lucia Annunziata con la speranza di ricavare elementi di chiarezza. Pier Ferdinando Casini mette le mani avanti: «Rispetteremo la scelta di Monti. La sua candidatura darebbe grande autorevolezza alla nostra proposta. Mi auguro che tanti nella società civile già pronti a scendere in campo non allentino la presa». Ma tra gli almeno 50 parlamentari Udc e Fli che puntavano sul suo traino per tornare in Parlamento ora è notte fonda. E qualcuno ammette: «Se Monti non ci mette la facci, Bersani e Berlusconi giocano la partita vera e addio alla riunificazione del centro». Lo scenario peggiore è quello che prevede il superamento della soglia solo alla Camera (con numeri molto ristretti) e un flop al Senato con l'esclusione dei candidati centristi da Palazzo Madama.
Lo scoramento è diffuso anche nell'area dei montiani del Pdl. In particolare nel movimento «Italia libera», promosso da Isabella Bertolini e Giorgio Stracquadanio Ma il percorso ora si fa più accidentato anche per Franco Frattini e Mario Mauro. In realtà l'area dei possibili transfughi azzurri si era già sostanziosamente ristretta martedì in una riunione a Via dell'Umiltà in cui Angelino Alfano aveva chiuso con nettezza la porta a qualunque ipotesi di trasloco politico verso il fronte montiano.
La questione della candidatura alternativa a Monti - si oscilla tra Corrado Passera e lo stesso Casini - a questo punto diventa caldissima. E Andrea Riccardi assicura: «Se Monti non si candida ci sarà una forza ispirata a lui». Ma c'è un'ultima carta che i centristi di concerto con il Professore potrebbero giocarsi. Monti starebbe riflettendo sulla possibilità di dare sostanza già oggi alla nebulosa «agenda Monti», mettendola nero su bianco in una sorta di decalogo da sottoporre agli italiani. Con una postilla: potranno dirsi «montiani» soltanto coloro che sposeranno in tutto e per tutto il memorandum.
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