Monti resiste: avanti fino al 2013

Smentita la crisi pilotata. Palazzo Chigi: "No allo spread come pretesto o si va gambe all'aria"

Le voci sulle possibili dimissioni del governo Monti si spengono nel tardo pomeriggio. Un dispaccio di agenzia fa filtrare in maniera chiara e forte che il premier non ha alcuna intenzione di indossare la veste del killer di se stesso o di alzare bandiera bianca. Anzi la volontà del Professore è quella di proseguire il suo mandato fino alla scadenza naturale della legislatura. «Il premier Mario Monti non ha mai preso in considerazione l'ipotesi di interrompere anticipatamente la legislatura attraverso una crisi pilotata» riferiscono fonti di Palazzo Chigi.
La puntualizzazione è figlia di un articolo del Corriere della Sera che descriveva il presidente del Consiglio amareggiato per le critiche conseguenti al ritorno dello spread ai livelli del novembre 2011 e preoccupato per la potenziale instabilità politica dei prossimi mesi, tanto da accarezzare la tentazione di un clamoroso passo indietro. «Piuttosto che affrontare una lunghissima campagna elettorale che potrebbe pregiudicare la condizione economica del Paese, tanto varrebbe anticipare la data delle elezioni» il pensiero attribuito al premier, forse figlio di un momento di sconforto, di delusione oppure del desiderio di sfuggire al rischio logoramento e far percepire alle forze politiche l'urgenza del momento.
Di certo, come confermano fonti governative, nell'esecutivo non ci sono né scricchiolii né tentazioni di un passo indietro. «Monti ha solo voluto far capire che se lo spread diventa il pretesto per avviare una campagna elettorale anti-rigore e anti-euro o per assecondare proposte di controriforma rispetto a quanto è stato fatto negli ultimi sei mesi, magari anche sulle pensioni, si va tutti a gambe per aria».
Un messaggio di prospettiva, dunque, ma anche un monito applicabile nell'immediato visto che le prossime due settimane saranno segnate da un vero e proprio tour de force parlamentare con la conversione di una serie di decreti fondamentali per la tenuta del governo. Innanzitutto c'è la spending review con cui fare i conti. Monti sa bene che il pressing del sindacato per un ammorbidimento dei tagli, soprattutto sul fronte della sanità, si sta alzando sul Partito Democratico. Il premier, però, non è intenzionato a fare sconti e chiede una prova di responsabilità ai partiti della sua anomala maggioranza. Con una richiesta concreta: ottenere un feroce disboscamento della giungla di emendamenti - circa 2000 - che stanno per abbattersi sul provvedimento.
Il premier ha gradito lo stop arrivato dalla politica a qualunque scenario di crisi pilotata. In particolare le dichiarazioni del presidente del Senato, Renato Schifani - «serve una guida fino al 2013. Il voto è un'ipotesi giornalistica. La crisi non finirà in pochi mesi, per cui anche nel 2013 occorrerà grande responsabilità dei partiti legittimati dalle elezioni» - così come quelle di Enrico Letta - «al voto si va tra sei, sette mesi, nessun legame tra spread e elezioni anticipate». Ora, però, il Professore oltre le parole attende i fatti. Se la spending review è il test più delicato, alle viste c'è anche il taglio degli incentivi alle imprese (oggetto dello studio del super-consulente Francesco Giavazzi), il disboscamento delle agevolazioni fiscali e la revisione del finanziamento ai partiti. Senza dimenticare le fibrillazioni che potrebbero trasmettersi verso Palazzo Chigi con la discussione delle riforme istituzionali e della legge elettorale, su cui i partiti sono impegnati al Senato.
Monti - che ieri è arrivato a Lesa, nella villa della moglie Elsa, una tenuta sul Lago Maggiore da tempo proprietà della consorte e stasera in partenza per la Russia - abbandonati i vertici a quattro continua ad attestarsi sul format dei caminetti a due. Finora questo si è dimostrato il metodo di lavoro più efficace.


Ma ora, di fronte all'inasprirsi dell'emergenza, non è esclusa una possibile, nuova convocazione allargata e contemporanea delle forze politiche, forse prima della partenza per la Finlandia prevista per inizio agosto. Un modo per porre i leader davanti a un bivio, stuccare le crepe e richiamarli al massimo rigore comunicativo.

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