Brasile 2014

Il morso di Suarez e lo schiaffo sui marò

Che figura. Un ko umiliante, ma ci siamo abituati. Ormai a livello internazionale inanelliamo batoste a getto continuo

Il morso di Suarez e lo schiaffo sui marò

Che figura. Un ko umiliante, ma ci siamo abituati. Ormai a livello internazionale inanelliamo batoste a getto continuo. Perché, diciamolo francamente, l'Italia nel mondo non ha peso specifico. È inutile nasconderlo. E il mondiale brasiliano, nel suo piccolo, è solo l'ennesima dimostrazione. Al di là della prestazione sportiva della Nazionale che, dobbiamo ammettere, meritava di essere eliminata per quello che ha espresso, non possiamo che sorridere di fronte al coro di indignazione sulle decisioni o sviste arbitrali nella partita con l'Uruguay. Come l'espulsione di Marchisio e il morso a Chiellini.

Premettiamo subito: gli strafalcioni del direttore di gara non giustificano la sconfitta sul campo degli azzurri. Tuttavia, anche se non ci avessero buttato fuori a calci, quegli episodi avrebbero comunque danneggiato l'Italia. E il motivo è uno solo: non contiamo nulla. Non ci rispettano come squadra, come Federazione calcio, come nazione. Certo, non dovremmo incutere timore, però se chi deve prendere decisioni che ci riguardano agisse con maggiore prudenza non guasterebbe. Invece non è così. Nessuno teme che le sue azioni contro l'Italia, in buona o cattiva fede, possano avere conseguenze. Ormai possono pestarci i piedi ogni giorno, tanto qui non c'è nessuno che alzi la voce, che batta i pugni sul tavolo, che rimetta in riga chi tenta di danneggiarci. Non vogliamo favori, sia ben chiaro, quelli possono farli gli arbitri regalando rigori al Brasile ai mondiali, o molti governi inchinandosi a Washington o a Berlino o a Bruxelles in politica e in economia. Chiediamo solo rispetto.

E per ottenerlo non bisogna elemosinarlo, ma agire come una grande nazione. Questo compito, però, spetta alle nostre istituzioni, dalla politica allo sport. Che, ahinoi, non hanno mai brillato nel difendere la dignità del nostro povero Paese. Siamo dannatamente inadeguati, è quasi una maledizione storica. Perciò è inutile dare la colpa a un arbitro o paventare inesistenti trame. La realtà, lo ripetiamo, è che non contiamo nulla.

Molti italiani avranno fatto il callo, ma noi invece siamo stufi di essere presi a calci e derisi. Sembra che ogni ostacolo l'Italia trovi sul proprio cammino non aumenti la determinazione a superarlo ma accresca solo la presunzione di aggirarlo. Basti pensare agli schiaffoni ricevuti dall'Unione europea, che comanda a casa nostra e ci detta le regole anche sul diametro dei piselli e la lunghezza delle banane. E che dire dell'India? Abbiamo due militari prigionieri là da oltre due anni senza che nei loro confronti sia stata ancora formulata un'accusa.

Scandaloso, inaccettabile, in aperta violazione delle norme internazionali. Eppure Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono ancora là, non prigionieri del nemico ma di un Paese amico. Quale credibilità, quale rispetto, quale peso internazionale potremmo mai avere se non siamo neppure in grado di far rispettare un banale diritto? Quindi non lamentiamoci se le ingiustizie sono ospiti gradite della nostra vita nazionale.

Un Paese che non è capace di difendere i propri soldati merita il destino che ha.

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