LE MOSSE DEL GOVERNO

LE MOSSE DEL GOVERNO

RomaMario Monti debutta nella terza Camera di Porta a porta come premier e mostra tutta la sua determinazione. Non cederà sulle pensioni, né sull’Ici, né sulla benzina. Annuncia che sui costi della politica è stato fatto soltanto un primo passo e assicura che non verrà alzata l’Irpef. Consapevole di dover far digerire una manovra lacrime e sangue, ripete che «la situazione era drammatica e lo Stato avrebbe potuto non avere più soldi per pagare stipendi e pensioni». Ammette: «È vero che siamo più forti della Grecia ma non facendo la manovra saremmo stati più colpevoli. Seguivamo la Grecia a tre mesi di distanza».
Alla domanda di Vespa su quale misura l’ha fatto più soffrire, Monti prima dice «tutte e nessuna» ma poi si corregge: «Nel chiamare a contribuire i pensionati ci siamo sentiti in difficoltà. È lì che ci siamo convinti che era necessario colpire chi aveva usufruito dello scudo fiscale». Per nulla spaventato dai sindacati, tira dritto: «In passato ci sono stati scioperi per molto meno. Capisco le reazioni ma invito tutti a pensare cosa sarebbe successo senza la mia azione». Poi mutua una metafora utilizzata da un senatore: «Mi è stato chiesto di salire su un treno in corsa che stava per deragliare». Difende la manovra col coltello tra i denti: «Quando si dice equità bisogna pensare anche all’equità nei confronti delle generazioni future. Se i giovani non trovano lavoro è perché in passato la politica soddisfaceva tutte le istanze sulle spalle degli italiani che dovevano venire». Margini di cambiamenti ridotti al lumicino. Non si sbilancia sulla fiducia alla manovra ma dice: «Il mio governo deve fare equilibrismo tra i partiti. Metà Parlamento chiede continuità, l’altra metà discontinuità». Se modifiche ci saranno, saranno «pochissime perché il tempo è poco». Forse qualche spiraglio c’è sull’Ici ma, anche in questo caso, il premier tiene duro: «In tutti i Paesi la prima casa contribuisce al mantenimento dei servizi pubblici». Una notizia arriva: «Non abbiamo alzato le aliquote Irpef e non le alzeremo». E avvisa i partiti, pronti a rivedere il suo lavoro: «Non basta cambiare e mantenere i saldi invariati». Come a dire: non basterà togliere l’Ici a fronte di un aumento Irpef.
Poi annuncia che arriveranno misure a favore delle famiglie, anche se già adesso qualcosa c’è: «È stato sgravato il cuneo fiscale per donne e giovani a tempo indeterminato». Sull’articolo 18 si tiene alla larga ma si capisce che vuol far sul serio: «Per il mercato di lavoro la concertazione è essenziale ma è chiaro che bisognerà combinare meglio la flessibilità delle imprese con delle sicurezze date al lavoratore». Leggasi: maggiore possibilità di licenziare con ammortizzatori sociali.
Lo sguardo di Monti, in ogni caso, è già a Bruxelles dove, domani e venerdì, si gioca buona parte del futuro dell’euro: «La politica economica europea deve fare dei progressi. Dobbiamo ripensare l’euro rapidamente e volevo che l’Europa spalancasse gli occhi su quanto fatto nell’interesse dei nostri figli e per un’Europa equilibrata». Guarda ai mercati, che definisce «Una bestia feroce ma utile» e cerca di dare una spiegazione a chi sta speculando: «L’uomo nero? No. Potrebbe essere giallo, ossia gli asiatici; o bianco, magari fondi di investimento canadesi. Dobbiamo domare i mercati, non criminalizzarli». Sui costi della politica, giura che è il prologo: «Finora abbiamo dedicato il nostro tempo a capire in che modo il governo può agire. Certo, intanto facciamo dimagrire le Province». E rivela: «Abbiamo istituito un gruppo di lavoro aperto anche ai giornalisti per procedere a ritmo spedito alla riduzione di questi costi». Che per Monti sono, in ogni caso, marginali: «Sa qual è il vero costo della politica? - chiede a Vespa - Decenni di politica che ha guardato solo agli interessi elettorali». Investe Corrado Passera di «una responsabilità unica; e da lì arriveranno molte iniziative per lo sviluppo che toglieranno pezzetti di ingessatura al Paese». E poi rivela: «Mi madre mi ha educato al motto “stai lontano dalla politica”.

Le sono rimasto fedele ma è la politica che è venuta a me». Quindi un aneddoto sulla moglie Elsa, quando Monti venne chiamato alla Commissione Ue: «Da Milano meglio andare a Bruxelles perché altrimenti c’è il rischio che ti chiamino a Roma». Invece a Roma Monti c’è arrivato.

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