"Mr. Mario lascia in eredità una bolla che è già scoppiata"

Il Financial Times boccia un anno di governo del Professore: troppe tasse e recessione. Senza avere nulla dalla Germania

La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande. Subito dietro, al centro, il presidente del Consiglio Mario Monti
La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande. Subito dietro, al centro, il presidente del Consiglio Mario Monti

È l'ossimoro di Mario Monti: aver creato una bolla, però pesantissima, durante un anno di governo fondato sul feroce attaccamento ai principi dell'austerity. Senza peraltro riuscire ad aggredire il Moloch del debito pubblico, semmai ancora più ipertrofico, mentre i consumi delle famiglie scendevano sottozero. Di bolla tossica parlava ieri senza mezzi termini Wolfang Münchau, una delle firme di punta del Financial Times, di cui è stato corrispondente da Washington e Bruxelles. In cinque colonne di lucida analisi, Münchau smonta pezzo per pezzo il giocattolo del Professore, in particolare l'assioma in base al quale per risolvere i problemi del Paese sarebbe bastato tenere i politici fuori dal recinto delle decisioni e innestare al contempo sul corpo del malato Italia «poche riforme e un po' di austerità». La “magia“ di Monti è durata per un po' («più a lungo di quanto mi sarei aspettato», confessa l'articolista), ma dopo un anno ciò che lascia in eredità il governo dei tecnici è appunto una bolla. Oppure una sorta di specchio illusorio che non funziona più: «Non ci vorrà molto prima che gli italiani e gli investitori stranieri capiscano che ben poco è cambiato nell'ultimo anno, con la sola eccezione che l'economia è piombata in recessione». Per la verità, gli italiani se ne sono accorti da tempo. Lo stesso Münchau rileva infatti come proprio questo mese il salasso dell'Imu abbia in molte famiglie azzerato i budget domestici. Con il risultato di uccidere le vendite pre-natalizie. Il primo suggerimento che arriva dal Financial Times è dunque questo: allontanarsi in fretta dalle politiche ultra-rigoriste. «L'aumento delle tasse e i tagli alla spesa hanno avuto un effetto controproducente», scrive Münchau. Il rapporto debito-Pil è aumentato, non a caso, proprio per effetto delle manovre depressive che hanno compresso la crescita fino a far scivolare il Pil sotto la linea di galleggiamento. Lì dove resterà anche l'anno prossimo. Secondo consiglio: smetterla di assecondare i desiderata di Angela Merkel, con cui in tutti questi mesi Monti ha flirtato senza una minima increspatura nei rapporti, se si eccettua l'irrigidimento nel vertice europeo di fine giugno sullo scudo anti-spread. Ma è su ben altro che il premier avrebbe dovuto pungolare Frau Angela, a cominciare dagli Eurobond. Senza una forma di mutualizzazione del debito riesce difficile comprendere - sostiene l'articolo - come una nazione con un debito-Pil del 130% e priva di crescita economica possa restare nell'euro zona. «La ragione per cui Monti è così popolare in Germania è perché la sua bolla e la sua austerity rimandavano a dopo le elezioni tedesche del 2013 le dure decisioni sulla risoluzione del debito e sulle riforme istituzionali».
E il dopo-Monti? Münchau boccia senza appello Pier Luigi Bersani, l'uomo che ha appoggiato l'austerità del Professore ma che è poco sensibile alle riforme strutturali. Insomma, «la peggior combinazione» possibile. Quanto a Silvio Berlusconi, «egli ha detto ripetutamente che l'austerity non ha funzionato, che l'Italia ha bisogno di un new deal nell'euro zona e che anche un'uscita dall'euro non dovrebbe essere un tabu.

Avrebbe dovuto dire queste cose anche quand'era premier». Ciò che serve al Paese, conclude Münchau, è un leader che sappia quali scelte servono a Eurolandia e all'Italia. In caso contrario, l'Italia rischierà di far la fine della Grecia.

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