Roma - «Election day» per Lombardia, Lazio e Molise il 10 e 11 marzo. Le Politiche nella stessa data solo se ci saranno le condizioni opportune, ovvero se verrà ultimata la riforma elettorale e approvata la legge di stabilità. È questo il «verdetto» emesso alla fine di un vertice pomeridiano di due ore, alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, del presidente del Senato, Renato Schifani e di quello della Camera Gianfranco Fini e del premier Mario Monti. Un summit convocato per dipanare la matassa e l'intreccio delle possibili date elettorali.
Per tutta la giornata va in scena un estenuante lavoro di mediazione e le voci di un accordo politico sulla data del 10 si fanno sempre più insistenti. A concedere respiro alla trattativa contribuisce anche la sentenza del Consiglio di Stato che sospende quella del Tar del Lazio (che dava a Renata Polverini cinque giorni di tempo per indire le elezioni) fino al prossimo 27 novembre. Far quadrare il cerchio dell'accorpamento delle elezioni politiche e regionali in unico giorno non è comunque impresa facile. Si intrecciano e si mescolano considerazioni tecniche e convenienze politiche ma soprattutto su tutto grava uno spettro non trascurabile: quei cento milioni che verrebbero buttati dalla finestra qualora si decidesse di mantenere le due consultazioni in calendario, a distanza di meno di sessanta giorni.
Le date che vengono prese in considerazione sono il 3, il 10 e il 17. La seconda metà del mese viene esclusa in partenza visto che il 31 marzo è Pasqua e il 24 marzo cade la Pasqua ebraica. Tutte queste opzioni, comunque, presuppongono un passo indietro del presidente Napolitano, pronto a farsi da parte qualche settimana prima del previsto per evitare ingorghi istituzionali. La scelta, alla fine, si appunta sul 10. A questo punto saranno, quindi, le nuove Camere a votare il nuovo capo dello Stato che a sua volta gestirebbe la transizione verso il nuovo governo. Uno scenario quasi obbligato anche se la preoccupazione del Colle per lo sfarinamento generale è forte. E per questo arriva la scelta di legare il via libera a precise condizioni.
«La convocazione - che comunque non spetta al presidente della Repubblica - di elezioni per il rinnovo dei Consigli regionali scioltisi in Lazio e Lombardia per crisi politiche e in Molise per giudizio di illegittimità, è regolata da diverse normative regionali, pur dovendosi considerare i principi generali posti dalla Corte Costituzionale» spiega, in serata una nota del Quirinale. «È però indubbia, per valutazioni d'interesse generale, l'esigenza di un contestuale svolgimento delle elezioni nelle tre suddette Regioni. Si è a tale proposito ritenuta appropriata la data del 10 marzo 2013». «Distinta, e rimessa all'esercizio di una prerogativa propria ed esclusiva del presidente della Repubblica, è la questione delle elezioni per il rinnovo delle Camere. In proposito si ricorda che il capo dello Stato aveva rilevato, il 3 novembre scorso, la carenza, fino a quel momento, di condizioni oggettive e di motivazioni plausibili per un'anticipazione sia pur lieve delle elezioni politiche. Si attende il verificarsi delle condizioni opportune per la decisione che la Costituzione riserva al capo dello Stato».
Le «condizioni opportune» sono note. Per il Quirinale ci sono due nodi che bisogna assolutamente sciogliere: la legge di stabilità e la legge elettorale. Monti avrebbe fatto presente che per la prima i tempi verranno rispettati senza problemi. Più intricata appare la questione della legge elettorale, vista la distanza che divide i partiti sull'entità del premio di maggioranza e sulle preferenze. Ma a questo punto dovrà essere il Pd a sciogliere le riserve e concedere il via libera. Per il momento i segretari dei due principali partiti manifestano soddisfazione. «Ok il comunicato del Quirinale» dice Alfano su Twitter. «Si va verso l'election day, prevale il buonsenso, prevalgono le nostre buone ragioni.
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