Occupy Porta Pia, anzi #occupyportapia. Slogan suggestivo ma geograficamente inesatto. Sottodimensionato a dir poco. Meglio #occupyrome. Tutta la città è sotto assedio da giorni, i romani privati dei diritti civici se non civili, della libertà di muoversi, della possibilità di vivere, di respirare. E sono inutili gli sforzi degli animatori dell'accampamento sotto alla statua del bersagliere di coinvolgere i loro ospitanti-loro-malgrado nella domenica delle anime belle, nelle loro ragioni. Che poi, ragioni. Chi si impossessa di una città, chi fa chiudere i bar e i negozi ha sempre torto.
Dopo il venerdì dello stretching antagonista e il sabato degli scontri è stata la domenica dell'acampada. Parola spagnola che da ieri è virale. Perché ormai le proteste hanno un vocabolario internazionale (acampada, occupy, anonymous eccetera), sono globali non meno degli hamburger e delle bibite gassate che i signori con i caschi da motociclista e le maschere bianche vedono come il fumo dei fumogeni negli occhi. È stata una domenica in fondo tradizionale davanti al ministero delle Infrastrutture: tra le tende del camping Porta Pia un po' di pallone, uno spaghetto, un giornale da sbranare («maledetti giornalisti al soldo del potere»), un'assemblea. Perfino una preghiera, inscenata da alcuni musulmani in un angolo tranquillo. Certo, il dì di festa attenua i disagi in un quadrante strategico della città, un pugno di strade solitamente ingorgate sono chiuse senza grandi rimpianti. Ma oggi è lunedì e la vita normale chiede strada. E i manifestanti promettono di mantenere in piedi il presidio almeno fino a domani, martedì, quando - udite udite - il ministro Maurizio Lupi ha promesso di ricevere una delegazione di loro. Quel giorno «ci sarà una nuova manifestazione per far sentire forte la nostra voce», minacciano i militanti.
E a proposito, oggi il tour operator degli antagonisti ha in programma una nuova tappa nella topografia romana: piazzale Clodio, sede del Tribunale, dove saranno processati per direttissima sei dei 15 manifestanti (gli altri sono stati già rilasciati) fermati sabato durante gli scontri. «Faremo un presidio a piazzale Clodio davanti al tribunale, solidale per le sei persone che verranno processate per direttissima», assicura il portavoce dei manifestanti Paolo Di Vetta. Azioni di solidarietà sono state già inscenate davanti al carcere supercentrale di Regina Coeli e a quello periferico di Rebibbia, dove si trovano gli arrestati. E poi, il calendario è fitto. «La prossima settimana manifesteremo di fronte al convegno organizzato dall'Anci a Firenze, a cui parteciperà anche il ministro Alfano - annuncia Luca Fagiano, dei movimenti per il diritto all'abitare di Roma -. Poi il 9 e il 10 novembre ci incontreremo a Roma in una grande assemblea di questo movimento dei movimenti».
Roma città aperta, anzi spalancata, si lecca le sue ferite. Cassonetti incendiati, muri imbrattati, superlavoro per l'Ama sul fronte del vandalismo. Confcommercio parla poi di «disastro economico» e quantifica i danni riportati dai negozianti per la serrata di sabato in 2 milioni di euro. «Basta.
Troviamo soluzioni alternative per queste manifestazioni», invoca il presidente di Federmoda, Massimiliano De Toma, che propone di spostare le manifestazioni più a rischio alla domenica. Intanto sotto lo sguardo del bersagliere di Porta Pia qualcuno leva le tende e torna a casa, qualcun altro resta. «Non finisce qui, è nato il movimento dei movimenti». Auguri, Roma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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