Nel mirino 200 milioni di rimborsi per la Maugeri

Il teorema dei magistrati: 15 delibere in cambio di regali e favori da Daccò

Milano - Quindici delibere con cui la Regione Lombardia ha riconosciuto alla Fondazione Maugeri rimborsi per circa 200 milioni per «prestazioni non fatturabili»: in questo, secondo la Procura della Repubblica di Milano, consistono gli «atti contrari ai doveri d'ufficio» commessi da Roberto Formigoni in cambio dei regali e dei favori ricevuti da Piero Daccò, che per conto della Maugeri si muoveva da lobbista nel mondo della sanità lombarda. L'invito a comparire notificato ieri mattina al difensore di Formigoni imputa al governatore la responsabilità di «atti della Giunta regionale e del consiglio regionale»: in sostanza, per il presidente della Lombardia l'accusa è quella di avere spianato la strada agli interessi di Daccò e della Maugeri, portando in approvazione delibere studiate su misura per assicurare indebiti vantaggi alla holding privata.
L'avviso viene consegnato ieri mattina al legale del «Celeste», Salvatore Stivala, mettendo un primo punto fermo ad una inchiesta fitta di indiscrezioni e fughe di notizie. Formigoni, come i giornali scrivevano da varie settimane, è indagato: l'iscrizione nell'apposito registro è avvenuta il 14 giugno, ma è stata desecretata solo ieri mattina. La prima sorpresa è che nell'invito a comparire non figura il reato di finanziamento illecito, che nei giorni scorsi era stato dato per scontato. La seconda è che a Formigoni viene contestata la corruzione continuata per oltre dieci anni, dal 2001 al novembre 2011, con l'aggravante del carattere transnazionale: che aumenta fino al 50 per cento la pena per i reati «nella commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato».
È una aggravante introdotta nel 2006, su indicazione dell'Onu, per combattere il crimine organizzato internazionale, e che per la prima volta compare in una indagine per fatti di pubblica amministrazione. A farla scattare, secondo la Procura, è l'utilizzo da parte di Daccò di conti correnti in Svizzera utilizzati per movimentare e riciclare i fondi neri della Maugeri.
Come contropartita per le quindici delibere «addomesticate», Formigoni è accusato di avere incamerato favori di entità assai rilevante da parte di Daccò. La Procura - sulla base di una analisi compiuta dalla polizia giudiziaria - quantifica in otto milioni e mezzo il valore di queste cortesie. La parte del leone la fanno le spese sostenute da Daccò per la barca di cui Formigoni era ospite con una certa frequenza, quantificate in oltre tre milioni di euro, e la cessione ad un prezzo di favore, con oltre quattro milioni di sconto sul valore di mercato, di una villa in Sardegna ad un amico e coinquilino di Formigoni. Ma ci sono anche le cene al meeting ciellino di Rimini, e i cinquecentomila euro con cui la Maugeri avrebbe contribuito alla campagna del Pdl per le elezioni regionali del 2010.
Non ci sono fatti nuovi, insomma, nell'invito a comparire, ma una loro collocazione in un quadro accusatorio complessivo decisamente pesante, e al quale la Procura ha lavorato a lungo superando anche sostanziose diversità di valutazione al proprio interno. Adesso cosa accade? La Procura ha convocato Formigoni per interrogarlo sabato prossimo, ma il governatore e il suo legale hanno chiesto qualche giorno in più.

Verosimilmente, il faccia a faccia tra il presidente lombardo e i suoi accusatori avverrà la prossima settimana, ed è probabile che ognuno resti sulle sue posizioni. Dopodiché non si può escludere che la Procura chieda di portare Formigoni a giudizio con rito immediato, nel giro di pochi mesi.

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