«Il quadro che ha fatto nascere questo governo da oggi è cambiato: conviene discuterne molto seriamente». È Paolo Gentiloni, renziano di lunga esperienza politica, a porre apertamente la questione che corre sotterranea in tutto il Pd. E a spiegare che gli entusiasmi per la scissione alfaniana, esibiti dal segretario Epifani («Ora il governo può operare meglio e senza ricatti») sono molto mal risposti: «Per il Pd non c'è molto da festeggiare. Dalle larghe intese passeremo a intese strette o variabili. Con il rischio di dover portare solo noi la croce. E di veder trasformate in trappola mortale elezioni europee, sotto il fuoco incrociato di Grillo e Berlusconi». La prospettiva è angosciante. Non per Enrico Letta, che investe tutto sulla propria durata a Palazzo Chigi, ma per il Pd. E soprattutto per chi si candida a guidarlo, dall'8 dicembre. Matteo Renzi naturalmente non si sbilancia, per ora. Si limita a mandare messaggi ben mirati: «Dobbiamo cancellare il conservatorismo di chi vorrebbe fare sempre le stesse cose. Vivacchiare non serve a nulla e a nessuno». Nessuno può accusarlo di avercela con il governo Letta-Alfano, ma il senso è chiaro. I suoi il problema cominciano a porlo apertamente, e Antonio Funiciello - membro della segreteria - ha chiesto ad Epifani una riunione immediata dedicata al che fare: «Prima ancora del caso Cancellieri - spiega - c'è un problema più vasto che riguarda tutto il governo. Il suo patto va rifondato, visto che Pdl e Scelta Civica non ci sono più. E il Pd deve capire se ci sono ancora le ragioni per cui un governo deve stare in piedi, e se è possibile che arrivi al 2015 o non ce la fa. L'idea di qualcuno che tutto prosegua come se nulla fosse è la più dannosa».
E non è un caso se il principale avversario di Renzi, messo in campo dalla nomenklatura Pd e indirettamente benedetto da Letta, mette le mani avanti: «Non penso - dice Gianni Cuperlo - che le vicende di oggi possano cambiare profilo e natura politica del governo, che resta un esecutivo di eccezionalità, di necessità e di scopo». Come dire che, non cambiando la natura del governo, non cambia neanche l'atteggiamento del Pd. Ma anche Cuperlo si rende conto dell'insofferenza profonda della base del partito e dell'elettorato, e del rischio di un nuovo film tipo Prodi 2006, con un governo impotente appeso al pallottoliere, e dà anche lui un colpetto di speroni: «Il governo, che noi sosteniamo in modo leale anche incalzandolo ad avere più coraggio, deve fare le cose per le quali si è impegnata, affrontare l'emergenza economica e favorire il percorso di riforma elettorale». Ed è proprio sulla legge elettorale che Renzi ha mostrato di voler combattere la sua prossima battaglia, con contraccolpi che possono investire il governo. Perchè è chiaro che ora, con gli alfaniani in campo che sognano un nuovo Centro, le spinte per il proporzionale si moltiplicheranno. E il sindaco di Firenze lo ha promesso: «Il Pd non permetterà mai il suo ritorno». Ora che la riforma, come previsto, si è impantanata al Senato, reclamare il suo ritorno alla Camera (cui i renziani lavorano da giorni) sarà più facile. E una volta a Montecitorio, il Pd avrà i numeri per imporre una scelta nettamente bipolare. Letta, che ha garantito la propria fede bipolarista, non potrà mettersi di traverso, ma le tensioni nella maggioranza sono assicurate: «Vedrete come si ballerà», promettono in casa Pd.
Ancor prima, però, c'è il fronte Cancellieri ancora tutto da chiudere, con il rischio di una conta interna al gruppo Pd nell'assemblea di martedì. «Su una questione così delicata Letta non può prescindere da un confronto con il partito», avverte Debora Serracchiani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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