È qui che si stanno mettendo le ali ad un sogno. Titanio, alluminio. Alluminio, titanio. Alla Base dell'Aeronautica militare di Cameri è tutto un viavai. Di camion. Che caricano e scaricano materiale. Che sollevano polvere. Polvere che, quando si dirada e concede una tregua agli occhi del visitatore, libera le sagome di venti edifici spalmati, come se fossero un gigantesco Lego, su un'area di cinquecentomila metri quadrati. Un cantiere nella Base. O, se preferite, una Base nel cantiere.
Le ali per un sogno, dunque. Le ali sono quelli che vengono assemblate con perizia e tecnologia tutta italiana (Alenia Aermacchi, il polo aeronautico di Finmeccanica, capofila di oltre una sessantina di ditte) e il sogno è quello del nuovo F35, il caccia multiruolo Jsf, modello della Lockeed Martin che nasce a Fort Worth negli Usa. Il target ambizioso di un progetto di rinnovamento che ha preso il via nel 1996, quando, con l'allora ministro della Difesa, Nino Andreatta, l'Italia si associò alla proposta americana per la realizzazione di un nuovo velivolo multiruolo, che ha inanellato il consenso di tutti i governi che si sono succeduti in questi 17 anni.
E così eccoci alla costruzione a Cameri, prima del cantiere, dove i vari edifici che l'Aeronautica Militare ha voluto aprire ai giornalisti per una visita, occupano un'area di circa 125 mila quadrati, e poi dei sofisticatissimi pezzi che compongono l'ala. «Già, perché - come ha spiegato il generale Giuseppe Lupoli, padrone di casa accogliente ed esaustivo - si è preferito avviare già l'attività produttiva con il cantiere ancora da completare. Per non perdere tempo e per cominciare a recuperare parte dell'investimento». Nei prossimi 15 anni il nostro Paese ne acquisirà 90, che andranno a sostituire i 253 attuali aerei fra Tornado, Amx e Av8b della Marina. A regime si potranno produrre in media 2 aerei e 6 ali al mese e si contano di venderne circa 3.000 ai Paesi partner. In realtà gli operai che abbiamo visto all'opera nel nostro tour sono ancora pochi
É un dato di fatto che, per ora, sono entrate in campo 600 persone che arriveranno a 1500 con l'evoluzione dei lavori, mentre le ditte coinvolte impiegano un totale di diecimila dipendenti.
Ma sono in molti qui a Cameri ad incrociare le dita perché i posti di lavoro potranno certamente crescere con lo sviluppo del progetto F35. Ma intanto, chiediamo al generale Lupoli, quel grande complesso d'infrastrutture, che vediamo attorno a noi oggi, che cosa rappresenta? «É la nuova Cameri con le sue molteplici anime. É un cantiere dagli elevati standard di qualità e di sicurezza proprio come lo desideravano gli americani, che qui hanno effettuato numerosi sopralluoghi, ma è anche l'Hub, dove già arrivano Tornado ed Eurofighter dai vari Stormi per essere rimessi in efficienza o semplicemente sottoposti a «tagliando. E dove si conta di fare altrettanto quando saranno prodotti, e venduti in tutto il mondo, i nuovi F35». Cameri diventerà così il «cuore» per l'area del Mediterraneo non solo del nuovo caccia multiruolo ma anche dei «fratelli» maggiori.
Ma a che prezzo? Viene da domandarsi mentre entriamo in questi capannoni oversize dove si maneggiano titanio, allumino e materiali compositi, con la stessa delicatezza con cui ci si muove in un negozio di cristalleria. «I costi sono spalmati in 15 anni - precisa ancora il generale Lupoli - gli F-35 verranno costruiti in 2 mila esemplari in 20 anni e frutteranno lavoro e introiti ai costruttori per 40 anni con la manutenzione e gli aggiornamenti tecnologici, perché gli aerei di oggi non sono più oggetti costruiti una volta per tutte nella forma in cui escono dalle fabbriche, ma, al contrario, sono piattaforme tecnologiche in continua evoluzione.
Nel 2015 verrà completato il programma per la produzione del primo esemplare destinato all'Italia, che verrà consegnato nel 2016».Insomma, il sogno. E, d'istinto ci ritroviamo già con naso all'insù, a scrutare il cielo.
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