Ritorna sulle pagine di cronaca, ma a parti rovesciate. Il 4 aprile 1981 confezionò l'arresto di Mario Moretti, il capo dei capi delle Brigate rosse; oggi finisce ai domiciliari per una brutta storia di corruzione. Avrebbe intascato una mazzetta da 130 mila euro. É la parabola non proprio edificante di Ettore Filippi, 72 anni e una vita più movimentata di un film. Il punto è che Filippi, come molti investigatori di talento, ha interpretato più di una parte nel corso di una lunga carriera. Poliziotto, sfrutta a fondo le frequentazioni di Renato Longo, fiancheggiatore del terrorismo rosso. E Longo lo guida fino all'inafferrabile Moretti, latitante da 9 anni e soprattutto leader indiscusso delle Br. Moretti era sopravvissuto a tutte le retate e rappresentava la continuità storica del gruppo terrorista: c'era all'inizio degli anni Settanta quando le Br organizzavano i primi sequestri di persona e partecipò poi a tutte le più clamorose ed efferate imprese contro lo Stato. Era in via Fani il giorno in cui la scorta di Aldo Moro fu annientata, fu lui ad interrogare il prigioniero eccellente, sempre lui ad ucciderlo nel garage di via Montalcini, anche se sugli ultimi momenti di Moro le versioni date dagli ex br sono più di una. Il 4 aprile 1981 però il mito di Moretti si dissolve: la cattura è il capolavoro di Filippi.
Sembra un biglietto da visita scintillante per una carriera da incorniciare fra premi e riconoscimenti; invece proprio la gestione di Longo procura al detective i primi i guai: viene arrestato e condannato in primo grado a 1 anno e 4 mesi, poi è assolto in appello e Cassazione. Un incidente cui ne segue un altro perchè qualche anno dopo ad accusare Filippi sono alcuni uomini del clan Epaminonda. Anche questa volta il poliziotto se la cava. Prima di voltare pagina.
Negli anni Novanta la stagione delle medaglie e degli appostamenti diventa una foto ricordo: la nuova tentazione è la politica. Filippi si avvicina al Psi, poi entra in rapporto con alcune liste civiche. Il percorso non è sfolgorante come il precedente ma comunque dà più di una soddisfazione. Filippi resta a galla con tre sindaci ricoprendo diversi ruoli: prima è assessore al bilancio, poi vicesindaco, oggi siede nel consiglio d'amministrazione del policlinico San Matteo, uno degli istituti di ricerca più noti d'Italia. Ed è proprio il periodo in cui era il vice del primo cittadino Piera Capitelli nella giunta di centrosinistra, fra il 2005 e il 2009, a metterlo nei guai: come vicesindaco avrebbe esercitato pressioni sugli uffici tecnici del Comune di Pavia per concedere una sanatoria al resort di Cascina Cova dell'imprenditore Dario Maestri e per questo avrebbe intascato una mazzetta da 130 mila euro. Insomma, si sarebbe dato da fare per mettere a posto, con la sua bacchetta da amministratore, alcune costruzioni irregolari realizzate dai suoi amici. I soldi sarebbero finiti sui conti di alcuni comitati elettorali legati all'ex poliziotto e ad una sua società che si occupava di pubblicità ed eventi.
Nell'indagine, che si divide in due filoni, è stato arrestato anche l'imprenditore edile Ciro Manna e sono indagati il docente universitario Angelo Bugatti e l'ex dirigente del comune di Pavia Angelo Moro. Qualche mese fa anche Longo era scivolato su una storia di droga.
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