Il giorno dopo si cerca una colpa. Il colpevole c'è già, ma non c'è più: è morto, come le sue vittime. Lui assassino, poi suicida. Un matto disperato? «Sono un uomo finito, mi avete rovinato», ha detto prima di far fuoco. La sua verità resta sepolta nei meandri di una mente «persa», di un'azienda che andava a rotoli e forse, come raccontava lui in un'intervista di qualche mese fa al Gr1, massacrata da uno Stato che ormai percepiva nemico. Dicono che avesse problemi psichici Andrea Zampi, 43 anni, una piccola ditta di moda, una pistola che usava al poligono e una sovvenzione regionale negata. Centosessantamila euro, il soldi che servivano per portare avanti la sua azienda. Quelli che lo hanno spinto mercoledì a premere il grilletto della sua calibro 9 al quarto piano del palazzo del Broletto a Perugia. Il suo medico, a polizia e magistrati, racconta una storia diversa: «Andrea non soffriva di alcun disturbo particolare». Da parte degli investigatori arriva una versione opposta: Zampi aveva ottenuto il porto d'armi per il tiro a volo nel 2009 ma poi gli era stato revocato nello stesso anno dopo essere stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio. Come mai allora possedeva ancora un'arma?
Ora piangono i colleghi delle due donne ammazzate, parlano gli scampati, tanta solidarietà tra dipendenti pubblici e altrettanta retorica istituzionale. Catiuscia Marini, presidente della Regione si domanda «perché?». «E lo dico soprattutto alla stampa, ora vorrei un po' più di spazio dedicato alle due donne e non all'omicida», ha detto ieri mescolandosi ai colleghi delle vittime che manifestavano muti. «Siamo in presenza di una follia omicida e non c'è nessun imprenditore maltrattato dai nostri uffici, solo pochi idioti lasciano commenti ignobili», ha liquidato Marini, annunciando «un'offensiva culturale e mediatica per far conoscere il lavoro che si fa nei nostri uffici». E risposte sul caos burocratico che avrebbe condotto alla follia Zampi? Zero. Le due vittime non c'entravano nulla, ma la governatrice avrebbe potuto spiegare. E invece la butta in politica. Il dibattito si scatena. «È molto grave che un cittadino possa pensare che una situazione di difficoltà che lo riguarda dipenda neppure dal responsabile di un ufficio, ma da semplici dipendenti. Quanto accaduto è la cartina tornasole di molte cose sbagliate che si sono raccontate: in parecchi, a partire dai mass media, devono interrogarsi», afferma Flavio Zanonato, sindaco di Padova e delegato Anci per la Sicurezza e Immigrazione.
Margherita Peccati e Daniela Crispolti sono davvero martiri. Il popolo di Facebook è solidale con loro ma anche il web si divide sulle responsabilità politiche. «Decine e decine di messaggi e solidariatà per a quel milione di euro erogato ai dirigenti regionali come bonus qualche mese fa, poco dopo lo scandalo della gestione lazio...poteva essere finalizzato all'aiuto di piccoli imprenditori....! Massimo rispetto per le persone che hanno perso la vita oggi per tutte quelle che si tolgono la vita perché non riescono ad andare avanti! La demagogia non aiuta...iniziate a fare qualcosa di concreto, a dare l'esempio....il rispetto lo meritano tutti! Si è mai chiesta come può sentirsi un imprenditore in difficoltà, un operaio, un precario o un qualsiasi individuo quando viene a sapere che un milione di euro pubblici va ad aggiungersi ai già sostanziosi stipendi dei suoi dirigenti? Grazie», scrive Ugo sulla pagina Facebook della presidente della Regione. «Chi ha frantumato la dignità, la speranza di onesti lavoratori che si ritrovano senza nulla dopo una vita di sacrifici..
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