Roma - Un uomo solo al comando. Lui, sempre lui, soltanto lui. Naturalmente Silvio Berlusconi. Che nel corso di un'intervista a Bruno Vespa per il nuovo libro del giornalista (Sale, zucchero e caffè. L'Italia che ho vissuto da nonna Aida alla Terza Repubblica, che uscirà il 7 novembre per Mondadori-Rai Eri) respinge l'avviso di sfratto dalla politica italiana che qualcuno cerca di recapitargli da tempo. Berlusconi da quest'orecchio non ci sente, non fa un passo indietro né di lato. «Nessuno può togliermi il diritto di restare alla guida del movimento che ho fondato, finché molti milioni di elettrici e di elettori lo vogliono». E il manifesto è chiaro: «Ho un rapporto speciale con gli italiani che, come me, temono che la sinistra possa andare al governo e proprio per questo sento il dovere di stare in prima linea per corrispondere alla loro fiducia e al loro affetto». Insomma: «È ancora necessario, in una forma o nell'altra, il mio impegno personale», e quindi «sento il dovere di stare in prima linea».
Berlusconi non sente solo doveri. Sente anche odori. Per dire, quello delle urne, che ha sempre il potere di rinvigorirlo. Da qui frasi da campagna elettorale incipiente: «Abbiamo rispettato - dice a Vespa nel corso dell'intervista - gli impegni presi con i nostri elettori nel febbraio scorso, quello sulla detassazione della prima casa che noi consideriamo sacra perché è il pilastro su cui ogni famiglia ha il diritto di fondare la sicurezza del proprio futuro, e quello per un fisco meno oppressivo. Per questo non intendiamo arretrare sulla legge di stabilità». Un avviso al governo. E un avviso soprattutto al Pd: «Credo sia giusto che, su tutto (sulla mia vicenda, sulle tasse, sull'economia, sui nostri programmi riformatori), siano gli elettori a potere giudicare noi e i nostri avversari, che, andando avanti così, confermerebbero i loro connotati di partito delle tasse e delle manette».
Insomma, le prossime elezioni, quando ci saranno - e lui sembra far capire che pensa ciò accadrà presto - non saranno le prima senza Berlusconi dopo vent'anni. Almeno non nelle intenzioni del Cav. «In caso di elezioni, sentirei il dovere di impegnarmi direttamente», garantisce il leader di Forza Italia. Qualcuno pensa che il cognome Berlusconi possa restare in politica con un altro nome di battesimo, ma Silvio non sembra crederci molto. Certo, periodicamente si torna a parlare della figlia Marina come sua erede alla guida del partito e, perché no, del Paese. «Ma Marina - dice Berlusconi senior - tutte le volte che si torna a parlare, dice di no». Non che il Cav non sia convinto che la figlia Marina «sarebbe in grado di adempiere al meglio la missione» di candidato premier, dal momento che «tutti hanno constatato la sua autorevolezza e il coraggio da leonessa con cui mi ha difeso». Solo che «non è la sua vocazione». Papà Silvio allarga il discorso anche agli altri figli: «Sono sicuro che nessuno di loro si sente attratto dalla politica. Soprattutto da questa politica», dice quasi con orgoglio. E lui non cercherà di convincere Marina, Pier Silvio o Barbara: «Io sono un padre che rispetta la vocazione e la libertà dei propri figli». C'è solo un Berlusconi.
Parole che sono miele per i cosiddetti lealisti del Pdl: «Riportare Berlusconi alla guida del partito - commenta Gianfranco Rotondi - era esattamente l'obiettivo dell'area lealista di Forza Italia. Obiettivo centrato. Non c'è bisogno né di dividersi in correnti né di alimentare scontri con parole cattive». Solo Berlusconi può mettere d'accordo le correnti del Pdl. Qualcuno pensava forse il contrario?
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.