Niente fretta, resterà fino al 2015 il retroscena »

RomaMarco è un esodato che non sa più dove sbattere la testa. Daniela ha un fidanzato di 44 anni «troppo giovane per andare in pensione e troppo vecchio per lavorare». Vincenzo è un imprenditore delle Marche stanco di fare sacrifici. «Non potete chiederli solo a noi». E Giorgio Napolitano è un presidente che gli dà ragione: «Giusto, comincino pure i politici a farli».
Basta con la preziosa scrivania, meglio il più sobrio tavolo da lavoro. Basta con i discorsi fiumi, 18 minuti sono più che sufficienti. Ma la novità social, il colpo di teatro, sta in quelle lettere dei cittadini, nelle proteste trasformate nell'ossatura del messaggio. Vedete, sembra dire il capo dello Stato, io ho il polso del Paese. La gente mi scrive, mi considera il portavoce, mi racconta i suoi drammi. Quindi, altro che dimissioni. «Non mi lascerò condizionare da campagne calunniose, ingiurie e minacce, resterò fin quando la situazione del Paese me lo farà ritenere necessario e possibile, e fino a quando le forze me lo consentiranno». Non sarà, spiega, «un tempo lungo», ma nemmeno brevissimo. L'orizzonte s'allunga al 2015. Niente elezioni anticipate. «Spero che nel 2014 partano le riforme».
Ecco, le riforme. La nuova legge elettorale e il riassetto delle istituzioni, questi, insieme alla necessità di tenere d'occhio i conti pubblici sono i motivi che trattengono Napolitano sul Colle. L'impeachement di cui parla Grillo non lo spaventa. Non ho mai travalicato i limiti del mandato, «nessuno può credere alla ridicola storia delle mie pretese di strapotere personale». Le polemiche di Forza Italia lo infastidiscono solo un po' di più: «Ho accettato di farmi rieleggere «con il 72 per cento dei voti» perché «pensavo di non potermi sottrarre a un'ulteriore assunzione di responsabilità verso la Nazione in un momento di allarmante paralisi istituzionale» e otto mesi fa, ricorda «a fare pressioni perchè dessi la mia disponibilità» al bis furono «diverse e opposte forze politiche». Semmai preoccupa più Matteo Renzi, la variante impazzita, al quale Napolitano concede molto il promesse e modalità di approccio.
Il 2013 è stato pessimo, L'Italia è stata vicino allo stallo. Il 2014 sarà difficile. Re Giorgio lo comincia con una telefonata di auguri con il Papa e parla delle imprese in crisi, della disoccupazione giovani, «del vasto malessere sociale». Gli italiani «hanno coraggio» però sono alle stremo. Servono «qui e ora» risposte forti dalla politica, bisogna lavorare «a un disegno di sviluppo nazionale e di giustizia sociale». Frasi che piacciono al segretario del Pd, che ci legge un invito a Palazzo Chigi a fare qualcosa di concreto. Ma poi c'è un passaggio che piace di più di Enrico Letta. «Abbiamo risparmiato cinque miliardi di interessi sul debito, Sarebbe dissennato disperdere i benefici del difficile cammino di risanamento compiuto. I rischi già corsi si potrebbero riprodurre nel prossimo futuro ed è interesse comune scongiurarli». Il governo è blindato, il ricorso alle elezioni anticipate in questa fase è follia.
Ora toccherà vedere come Letta e Renzi riusciranno ad armonizzare le loro divergenti strategie.

Intanto il Quirinale chiede di abbassare i toni, fermando «le tendenze distruttive nel dibattito», le «espressioni violente», il «tutti contro tutti» perché è arrivato il momento di sbloccare il Paese. Riforme, riforme, riforme.

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