Niente governo, si va alle urne Atene sceglie il ricatto all’Europa

Niente governo, si va alle urne Atene sceglie il ricatto all’Europa

Anche l’ultimo tentativo del volenteroso presidente Papoulias è fallito ieri mattina: la Grecia tornerà alle urne, e l’Europa e il mondo della finanza internazionale s’interrogano con crescente preoccupazione sulle ricadute di un distacco tra Atene e Bruxelles che appare sempre più probabile. La direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, già parla della realistica possibilità di una «uscita ordinata» della Grecia dall’euro, mentre l’implacabile ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schäuble ripete che il ritorno alle urne non cambia nulla: se la Grecia vuol rimanere nell’euro «deve rispettare le condizioni».
Ben cinque leader di partito si sono presentati dal capo dello Stato greco, che proponeva come ultima via d’uscita dall’impasse la formazione di un nuovo governo tecnocratico. Ma non ne è uscito nulla di utile. E la sintesi migliore di ciò che si è consumato nei solenni saloni del palazzo presidenziale l’ha fornita ai giornalisti il capo di quel partito socialista Pasok che aveva dato la propria disponibilità a evitare alla Grecia il disastro di rimanere senza una guida politica: «Sfortunatamente - ha detto Evangelos Venizelos - il Paese andrà di nuovo a elezioni. Lo farà entro pochi giorni in circostanze pessime, perché certe persone hanno freddamente anteposto i loro interessi di partito all’interesse nazionale».
Questo è successo. E le persone contro cui Venizelos punta il dito sono i leader degli altri due partiti della sinistra (a parole) europea: il leader di Sinistra Democratica Fotis Kouvelis e quello di Syriza, Alexis Tsipras, in evidente concorrenza per accaparrarsi quel fiume di voti di elettori saturi delle imposizioni che arrivano, più che da Bruxelles, da Berlino. Così il primo, che cerca di proporsi come «il Responsabile», aveva proposto la formazione di un governo a termine della durata di due anni, ma ponendo la condizione che ne facesse parte Syriza. E Tsipras, che si propone come «il Garante del Popolo», si è rifiutato. Così facendo, ha chiuso i giochi e ha riaperto la strada delle elezioni, dalle quali conta di uscire da vincitore.
Lo scenario che si apre è complesso e implica molti rischi. Ma probabilmente è un errore liquidare il giovane (ha solo 37 anni) Tsipras come un mediocre politico privo di visione, intento solo ad accaparrarsi ciò che il destino gli offre in un irripetibile presente. Tsipras una visione ce l’ha, e somiglia a quella da cinico giocatore di poker dell’ex presidente argentino Nestor Kirchner, che nel 2003 decise di non rispettare gli impegni con il Fondo Monetario Internazionale e di onorare solo in minima parte gli obblighi del suo Paese verso i creditori esteri, in buona parte piccoli risparmiatori che avevano creduto nell’affidabilità di Buenos Aires. Il leader di Syriza gioca a un virtuale tavolo verde una partita sfacciata e difficile: spera che saranno i suoi avversari tedeschi e francesi (le cui banche detengono un centinaio di miliardi del debito pubblico greco) e non lui a cedere all’ultimo momento. Che la Grecia resterà nell’Ue e nell’euro e alla fine sarà Angela Merkel a fare concessioni che non vorrebbe mai fare e a rinegoziare prestiti e remissione del suo debito, pressata dai banchieri angosciati e da una crescente opposizione politica, in Germania e non solo, alla sua sempre meno condivisa linea del rigorismo che non guarda in faccia a nessuno.
Tsipras spera insomma che trovino ascolto le posizioni espresse ieri dal presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker, che ha attaccato senza nominarla la Germania dicendosi «molto contrario all’uscita della Grecia dall’euro» e spiegando che «non mi piace questo modo di trattare la Grecia, minacciandola giorno dopo giorno».

O quelle del ministro delle Finanze britannico George Osborne, che ha accusato indirettamente la Germania e gli altri Paesi «falchi» dell’eurozona di fomentare «un’aperta speculazione sul futuro di altri Paesi» come la Grecia.

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