Roma - No a un ritorno alle urne e un'apertura al Pd per un governo dell'affetto per l'Italia. È un Silvio Berlusconi saggio e misurato quello che risponde alla Telefonata di Maurizio Belpietro su Canale 5, nel day after di quello che passerà alla storia come il più grande capolavoro della galleria di campagne elettorali condotte dal Cavaliere. Il quale, da animale politico, si rende però conto che non è il momento di un'eccessiva esultanza. Ma anzi, servono responsabilità e fairplay. Così, toni bassi anche sul riconteggio: «Non abbiamo nessun elemento per poter sospettare dei brogli. È solo che noi avevamo dei sondaggi che ci davano lievemente davanti al Pd alla Camera».
In ballo c'è il futuro del Paese, che esce dalle urne incerto e tremebondo. «Ora tutti riflettano su cosa si può fare di utile per l'Italia. E la riflessione prenderà qualche tempo. Tutti devono acconciarsi a fare qualche sacrificio, ma l'Italia non può non essere governata, bisognerà vedere su quali programmi». Ecco, quali programmi? «Non ci sono programmi su cui si è discusso in campagna elettorale a parte quello del Pdl. Degli altri non ricordo alcuna idea se non la contrapposizione verso partiti e persone». Di certo però il Cavaliere non vede un ritorno imminente alle urne: «Non credo sia utile in questa situazione».
Quanto al successo di Grillo, Berlusconi ha la sua idea: «C'è stata molta gente che ha pensato di vedere in Grillo uno che dice mandiamo a casa tutti ma alla fine non ha mandato a casa nessuno, anzi ha dato una mano alla sinistra». Di sicuro il comico genovese «ha usufruito dello scontento generato dallo spettacolo della politica che negli ultimi mesi è stato veramente deteriore». Per il Cavaliere «è stato molto negativo lo spettacolo che hanno dato tutte le tv con le contrapposizioni dei protagonisti della politica che si sono affrontati dando luogo a risse che era difficile guardare». E anche «i giornali hanno fatto la loro parte».
Proprio guardando al successo di Grillo, Berlusconi coltiva qualche rammarico malgrado il successo: «Mi dispiace non aver potuto affrontare le piazze perché i carabinieri responsabili della mia sicurezza me lo hanno fortissimamente sconsigliato». La sua campagna elettorale si è così svolta soprattutto davanti alle telecamere ma senza paura: «Mi avevano detto che temevo i confronti duri e io li ho smentiti tutti andando a combattere in tutte le fosse dei leoni, da Santoro a Floris e Annunziata».
Poi ci sono i sassolini nelle scarpe. Si chiamano Monti («Con la politica di austerità ha messo il Paese in una situazione pericolosa con una spirale recessiva, l'aumento del debito e della disoccupazione e la chiusura di mille imprese al giorno»), la sua fissazione per lo spread («Smettiamola con questa storia dello spread, abbiamo vissuto felicemente tanti anni senza. È un'invenzione di due anni fa. Non confrontiamoci sempre e comunque con la Germania, non ha importanza»), i politici forcaioli («Qualche risultato positivo si è avuto: non entrano in Parlamento personaggi come Fini, Ingroia e Di Pietro, giustizialisti di cui nessuno sentirà la mancanza. I mercati sono indipendenti e un po' matti»), Giannino («Bastava che non ci fosse lui e avremmo avuto la maggioranza alla Camera. Lui e Casini hanno sottratto a liberali e moderati la maggioranza che hanno sempre avuto e che per colpa loro non hanno più»).
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