No all'odio religioso. I gesti del Papa fra abbracci e inchini

Francesco bacia la mano ai sopravvissuti all'Olocausto: "Nessuno usi il nome di Dio per giustificare la violenza"

Il Papa al muro di separazione tra Israele e Cisgiordania
Il Papa al muro di separazione tra Israele e Cisgiordania

La mano appoggiata al muro che separa Israele dalla Palestina quasi a volerlo buttare giù; la preghiera silenziosa al memoriale delle vittime del terrorismo palestinese; il capo chino allo Yad Vashem; ma anche l'abbraccio fra il Papa, il rabbino Skorka e l'islamico Abboud davanti al Muro del Pianto, il luogo sacro degli ebrei. Quando i gesti valgono più di mille parole. Il viaggio di Papa Francesco in Medio Oriente sarà ricordato per la sua gestualità, per gli sguardi profondi, i lunghi silenzi, le preghiere nei luoghi che ricordano le vittime di ogni genere di atrocità.

Ieri l'ultima giornata del viaggio di Jorge Mario Bergoglio in Terra Santa. L'agenda è fitta di impegni. Si comincia con l'incontro con il gran mufti nella Spianata delle Moschee, lo sceicco Muhamad Ahmad Hussein.

«Nessuno strumentalizzi per la violenza il nome di Dio - tuona il Papa -. Lavoriamo insieme per la giustizia e per la pace». Lo sceicco, da parte sua, parla della «occupazione israeliana» in Palestina e della necessità di rispettare i «diritti umani e religiosi» e anche le persone detenute nelle carceri di Israele.

C'è tempo anche per una breve visita al Santuario della Roccia, luogo di preghiera sormontato dalla nota cupola d'oro che sorge nel cuore della spianata delle Moschee. Il Papa si toglie le scarpe, in rispetto alla tradizione islamica e rende omaggio al luogo sacro.

Dal quartiere musulmano a quello ebraico il passo è breve. E il Pontefice raggiunge così il Muro del Pianto: commovente l'abbraccio con il rabbino Abraham Skorka e l'islamico Omar Abboud, entrambi argentini e amici personali del Papa, voluti proprio da lui nella delegazione ufficiale vaticana.

Francesco si ferma in silenzio davanti al Muro del Pianto e lascia un biglietto con la preghiera del Padre Nostro in spagnolo in una delle fessure, accompagnato dalla richiesta di pace per Gerusalemme.

Prima dell'arrivo allo Yad Vashem c'è anche un fuori programma. È la risposta di Israele alla tappa di due giorni fa a Betlemme, davanti al muro che separa i due Stati. Francesco viene infatti portato in un memoriale dedicato alle vittime del terrorismo, quasi a voler dire al Pontefice di non dimenticare gli israeliani uccisi dai kamikaze palestinesi. Davanti a quella stele, il Papa si ferma nuovamente in silenzio.

Poi la condanna: «Il terrorismo è male - dice in spagnolo - perché nasce dall'odio. Non costruisce ma distrugge il nostro popolo; la via del terrorismo non aiuta. Il cammino del terrorismo è fondamentalmente criminale per tutte le vittime. Mai più terrorismo nel mondo».

Il momento più commovente della giornata è la visita allo Yad Vashem. La testa china davanti alla fiamma perenne che arde per ricordare i sei milioni di ebrei sterminati dalla furia nazista; la corona di fiori in memoria delle vittime; poi l'abbraccio con sei sopravvissuti alla Shoah.

Il Papa si inchina e bacia le mani di ciascuno di loro: altro gesto insolito ma carico di significato per un Pontefice. Francesco ascolta silenzioso le loro storie, storie cariche di dolore, ma anche ricche di speranza per un futuro di pace.

Sul libro d'onore scrive tre volte la parola «vergogna»: vergogna per ciò che l'uomo è stato in grado di fare, vergogna perché l'uomo si è impadronito del male, vergogna perché l'uomo, credendosi Dio, ha sacrificato i suoi fratelli.«Dove sei, uomo? Dove sei finito?», afferma Bergoglio. «Adamo, dove sei? Quel grido, qui, di fronte alla tragedia incommensurabile dell'Olocausto, risuona come una voce che si perde in un abisso senza fondo. Uomo, chi sei? Non ti riconosco più». Infine il monito: «Mai più, mai più».

Papa Francesco incontra infine il presidente Peres e il premier Netanyahu che ha voluto ricordare a Bergoglio come «la costruzione della barriera di sicurezza» che separa Israele dalla Palestina abbia «evitato molte altre vittime che il terrorismo

palestinese aveva in programma».

Il Papa lo ascolta ma pensa già all'incontro nella sua casa in Vaticano, con Abu Mazen e Simon Peres, che potrebbe avvenire già il 6 giugno. E a cui, al momento, Netanyahu non è stato invitato.

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