I soliti ipocriti. Storcono il naso e protestano perché il presidente russo Vladimir Putin compare tra i candidati al premio Nobel per la pace. Una porcheria, secondo il pensiero politically correct, visti i venti di guerra in Ucraina e la posizione del Cremlino. Fanfaronate. Intanto Putin non ha ancora vinto ma è solo uno dei 278 candidati e poi, anche se ricevesse il riconoscimento, dove sarebbe lo scandalo? L'Accademia di Oslo gli conferirebbe un premio per aver evitato una guerra in Siria e contribuito allo smantellamento delle armi chimiche di Assad. Azioni meritevoli. Come quelle di tantissimi altri premi Nobel per la pace, magari più famosi per essere stati protagonisti di conflitti. A cominciare dal presidente Thomas W. Wilson (premiato nel 1919) che spinse gli Stati Uniti a intervenire nella prima guerra mondiale e che promulgò leggi illiberali, come quella sulla sedizione per perseguitare i socialisti e i pacifisti. Ma Wilson fu anche protagonista alla conferenza di pace di Versailles e promotore della Società delle Nazioni, l'Onu d'inizio Novecento.
A ricevere l'ambito premio nel 1973 c'è stato anche Henry Kissinger, l'indimenticabile capo della diplomazia americana. Nessuno può scordare che ebbe un ruolo attivo nel golpe di Pinochet in Cile, tanto da finire indagato a Parigi per cinque desaparecidos francesi, ma allo stesso tempo è stato il primattore nel negoziato per porre fine alla guerra del Kippur tra Israele, Egitto e Siria e nelle trattative di pace per il Vietnam. Per gli stessi motivi nel 1978 fu conferito il Nobel al presidente egiziano Anwar El Sadat e al premier israeliano Menachem Begin, protagonisti dei negoziati di pace in Medio Oriente. Pensate all'assurdità: Sadat premiato per aver cessato un conflitto che lui stesso aveva scatenato. Non solo. Nel 1952 fu in prima linea assieme a Nasser nel golpe che detronizzò re Faruq. E che dire di Begin, il quale deve la fama di falco non solo alla sua linea politica ma anche al suo passato di leader dell'Irgun (la resistenza sionista di destra), che organizzò attacchi terroristici contro i britannici e gli arabi in Palestina. Stragi che sono entrate nella storia, come l'attentato al King David Hotel a Gerusalemme o il massacro nel villaggio arabo di Deir Yassin. Azioni da Nobel. Che furono riconosciute anche a Yasser Arafat. A volte lo si dimentica, ma anche il leader dell'Olp e uomo simbolo dei palestinesi ha ricevuto l'ambito premio nel '94. Sì, proprio lui, quello che ha scatenato il terrorismo non solo contro Israele ma esportandolo in Europa: Monaco 1972, strage di atleti israeliani; Fiumicino 1973, strage all'aeroporto; e poi le bombe sugli aerei, come quella del 1974 sul volo Twa 841 che precipita nel mar Ionio. Un ricco curriculum da Nobel per la pace.
Le scelte curiose dell'Accademia di Oslo non si fermano neppure ai giorni nostri. Nel 2009 il premio è stato conferito a Barack Obama, il quale ha perpetuato la politica militare di George W. Bush in Irak e Afghanistan, divenendo anche oggetto di critiche interne. E pensare che dipingevano Bush come guerrafondaio. Ma Obama è anche il presidente che ha scatenato la guerra in Libia, trasformando il Mediterraneo in un focolaio d'instabilità. E non è finita. Nel 2012, il Nobel è volato nella bacheca dell'Unione europea, che «per oltre sei decenni ha contribuito all'avanzamento della pace». Nelle azioni meritevoli vanno ricordate naturalmente il bombardamento della Serbia, la guerra a Gheddafi, la guerra in Irak e Afghanistan a fianco degli Stati Uniti. Solo per citare gli atti di pace più importanti.
E dove sarebbe lo scandalo se Putin affiancasse tutti questi illustri predecessori? Certo, vedere madre Teresa di Calcutta e la Croce Rossa nell'albo d'oro assieme a questi personaggi lascia perplessi.
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