I bugiardi d'Italia hanno una manifestazione tutta per loro: il Campionato italiano della bugia, alla sua trentaseiesima edizione non poteva tenersi che in Toscana, patria di Carlo Lorenzini, al secolo Collodi, e della sua creatura dal naso lungo. Alle Piastre, in provincia di Pistoia, viene premiato chi riesce a raccontare balle nel modo più credibile possibile, portando prove e documenti contraffatti che puntellino il proprio racconto. L'organizzatore è Emanuele Begliomini, che si definisce «magnifico rettore dell'accademia della bugia».
Perché un piccolo paese di 300 anime una volta l'anno si trasforma nella patria dei bugiardi?
«Perché qua c'è un'abitudine atavica a raccontare frottole. Chi vive da queste parti ha avuto parecchie occasioni per esercitarsi: lunghe serate davanti al fuoco senza televisione e senza poter fare altro che parlare hanno spinto le persone a diventare dei grandi contaballe».
Le bugie come antidoto alla noia...
«Sono un esercizio di fantasia e l'immaginazione è fondamentale per sconfiggere la noia. Anche perché un ingrediente essenziale delle bugie è il divertimento: le frottole per essere tali devono dare allegria a chi le racconta».
I bugiardi si divertono?
«Certo, ed è proprio il piacere che fa la differenza tra chi racconta bugie e chi dice menzogne. Chi racconta le menzogne in genere non si diverte affatto».
Una ricerca dice che siamo un popolo di bugiardi...
«Bugiardi lo siamo di sicuro, ma menzogneri secondo me no. Vale per l'Italia e soprattutto per la Toscana, dove la bugia è una pratica scherzosa e piuttosto comune».
Ce lo spieghi lei che è un esperto: come deve essere una bugia per essere credibile?
«Deve partire da un elemento di verità. Poi su questo nucleo autentico si costruiscono storie che, seppure con esiti paradossali, mantengono una loro credibilità. Il risultato è tanto più esilarante per chi racconta la bugia, quanto più il racconto acquista i toni dell'assurdo».
Chi ha vinto quest'anno il campionato?
«Il primo classificato ha portato le prove sull'autenticità del seno della Minetti. Il secondo ha mostrato dei documenti che provano l'affitto delle Due Torri di Bologna a un gruppo di escursionisti peruviani».
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