Il bianco e il nero

"Non c'è collasso", ​"Senza un Prodi...". Cosa rischia la sinistra ora

Le elezioni amministrative hanno visto una sconfitta del centrosinistra. Ecco le opinioni dei sondaggisti Livio Gigliuto e Maurizio Pessato

"Non c'è il collasso della sinistra...". ​"Sì, ma senza un Romano Prodi non vince..."

Le elezioni amministrative hanno visto una nettissima sconfitta del centrosinistra. Per la rubrica il bianco e il nero ne abbiamo parlato con i sondaggisti Livio Gigliuto, presidente dell'Istituto Piepoli, e Maurizio Pessato, vicepresidente di Swg.

Dal punto di vista dei risultati elettorali ci troviamo di fronte al collasso o, comunque, a un flop della sinistra?

Gigliuto: “Ci troviamo sicuramente di fronte a un calo del centrosinistra. A dircelo in particolare non è tanto la percentuale di voti presa dal Pd che, magari, insieme alle liste civiche di riferimento tiene quanto il risultato dei ballottaggi. L’Italia è un Paese che ha una storia e la storia delle amministrative ci dice che il centrosinistra vince i ballottaggi tanto che il centrodestra spera sempre di vincere al primo turno. Quest’anno, invece, per la prima volta, il centrodestra ha vinto nella maggior parte dei ballottaggi sicuramente perché viene spinto da un’onda di consensi che lo favorisce, ma anche perché c’è l’idea che il centrosinistra faccia fatica a raccontare la coalizione con i Cinquestelle”.

Pessato: “Non parlerei di collasso anche perché in alcuni casi la sconfitta avviene al ballottaggio e con uno scarto non grandissimo. Agli elettori manca ancora un’offerta politica di centrosinistra convincente. Poi, le città hanno le proprie particolarità e in città come Vicenza il centrosinistra vince”.

Prevede che vi sarà una resa dei conti nel Pd e il fatto di aver messo all’angolo l’ala riformista può aver determinato la sconfitta?

Gigliuto: “La resa dei conti nel Pd è difficile che si realizzi adesso perché la nuova segretaria è stata eletta da poco. Sicuramente il centrosinistra ha la tendenza a mettere molto rapidamente in discussione le leadership e questo, prima o poi, succederà anche a Elly Schlein. il tema è che tutti guardano alle Europee che, probabilmente, andranno bene per il Pd perché, in questo momento, per i dem il problema non è prendere più voti di prima. La Schlein, infatti, da questo punto di vista sta andando molto bene tant’è vero che, secondo i miei dati, ha recuperato 5 punti percentuali. Il grande problema, per il Pd, attualmente, è la coalizione, ossia riuscire a costruire un racconto con qualcun altro che agli occhi degli elettori sembri il racconto di un rapporto d’amicizia tra alleati. Gli elettori, infatti, non votano Pd non perché c’è poco riformismo, ma perché c’è la sensazione che i singoli alleati debbano ancora crescere proprio nell’amicizia reciproca. Il centrodestra, invece, dà l’idea di vitalità perché composto da persone che sembrano amiche e questo funziona".

Pessato: “Lo scorso luglio è caduto il governo e questo ha messo in moto un meccanismo che ha messo in mostra la poco incisività del Pd. Poi, hanno fatto il Congresso e hanno cambiato la segreteria e, pertanto, c’è un movimento che scontenta un po’ l’uno e un po’ gli altri. Devono ancora trovare una linea comune. Vedremo se ci riusciranno o se riformisti e meno riformisti romperanno”.

Il campo largo ha perso quasi ovunque. Lei cosa ne pensa?

Gigliuto: “Aritmeticamente non c’è altra soluzione, per il centrosinistra, che il campo largo, anzi larghissimo che va da Italia Viva-Azione a Pd-M5S. così il problema sembra apparentemente risolto perché il centrosinistra andrebbe pari col centrodestra, ma in politica non c’è solo la matematica. C’è anche la percezione esterna, ossia se gli elettori vedono che questo campo largo funziona. In questo momento, credo che il campo largo possa funzionare se c’è un grande federatore come Romano Prodi. Serve qualcuno che dia l’idea che questo campo largo sia federato. La Schlein non può farlo perché ha un’identità molto forte, mentre i centristi Renzi e Calenda sono divisivi. Conte, infine, poteva essere il leader di una coalizione, ma ha scelto di abbracciare la causa del M5S. Adesso manca un federatore, il punto di congiunzione di tre storie molto diverse”.

Pessato: “Per me, al momento, il campo largo ancora non c’è. Vincono e perdono nei Comuni a seconda di com’è la situazione locale, come per esempio a Udine. Lì sono riusciti a invertire la rotta rispetto alle Regionali del Friuli-Venezia Giulia. Dato che il campo largo non esiste, l’elettore non lo vede salvo alcuni casi particolari”.

Il M5s sembra ancora in caduta libera. Perché non riesce a sfondare nei territori?

Gigliuto: “In realtà il M5S non è in caduta libera, cioè secondo i sondaggi a livello nazionale tiene e pure bene tant’è vero che Pd e Cinquestelle crescono allo stesso modo entrambi. Il M5S, sin dalla nascita, è andato molto bene alle Politiche e molto meno bene alle amministrative e ogni volta sembra che sia finito. Questo succede perché il Pd è visto come un partito ideologico che fatica a trasmettere questi concetti sul territorio tanto è vero che, in quanto partito d’opinione, ritengo che alle Europee andrà bene”.

Pessato: “Il M5S non è in caduta libera, è stabile rispetto alle Politiche. È nato come movimento nazionale e, quindi, salvo rari casi hanno difficoltà a crescere a livello locale e questo non aiuta la nascita del campo largo. È come se mancasse una gamba al campo largo”.

Beppe Grillo sembra intenzionato a sostituire Beppe Conte. Un altro leader potrebbe fare meglio o peggio?

Gigliuto: “Qui bisogna vedere cosa si intende per meglio o peggio. Beppe Grillo, infatti, ha esteso la base elettorale del M5S a persone che, in linea di principio, non avrebbero mai votato i Cinquestelle. Un leader come Beppe Grillo andava bene per catturare i voti del primo elettorato del M5S, ma non sono sicuro che quell’elettorato sia ancora affezionato a quel primo tipo di M5S. Adesso, forse, Conte garantisce meglio la nuova base dei pentastellati che è composta da un po’ di grillini nativi e da tanta parte di Paese meno movimentista che si sente rassicurato da una leadership come quella dell’ex premier”.

Pessato: “Potrebbe averlo come lo ha avuto all’inizio perché era un movimento che aveva dentro elettori di destra e di sinistra. Era definito populista per alcune sue battaglie, ma al di là delle definizioni era un movimento di protesta che ha preso voti da tutti. Poi è arrivato Conte, si è spostato sul campo del centrosinistra, perdendo la caratteristica iniziale, ma il M5S non è così convinto di far parte del campo largo.

Ora bisogna capire se un altro leader ha lo spazio politico per tornare alle origini oppure no, ma mi sembra un’operazione molto difficile perché la situazione era diversa e non c’erano stati governi di coalizione”.

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