Tutto il mondo sa che è impossibile prevedere i terremoti. Tutto, tranne una enclave piccola ma tremenda: la giustizia italiana. Che ieri, con una sentenza senza precedenti, ha condannato i sette membri della Commissione grandi rischi per «aver fornito false informazioni circa l'improbabilità della forte scossa di terremoto all'Aquila», quella che nella notte del 6 aprile 2009 uccise 309 persone. Sei anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, risarcimento danni per circa otto milioni di euro da sborsare entro 90 giorni in quanto provvisionali immediatamente eseguibili, più il rimborso delle spese processuali. E hanno ottenuto le attenuanti generiche, per fortuna, altrimenti la mazzata sarebbe stata anche più pesante. Il pubblico ministero dell'Aquila aveva chiesto «soltanto» quattro anni.
Il mondo guarda attonito l'Italia che condanna sette tecnici per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Sentenza «sbalorditiva e incomprensibile», dicono gli avvocati. «Sono avvilito, disperato», protesta Enzo Boschi, ex presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). Dovevano sapere, sentenzia il giudice. Dovevano «analizzare il rischio», accusa il pubblico ministero Fabio Picuti. Dovevano prevedere, avvisare, allarmare, evacuare. È colpa loro. Sono degli omicidi. «Gli aquilani sono morti perché si sono fidati dello Stato», lamenta il figlio di una delle vittime.
Ecco i nomi di questi delinquenti che la sera del 31 marzo 2009 si riunirono all'Aquila, studiarono la sismicità degli ultimi mesi e valutarono, in linea con i geologi di tutto il mondo, che «non c'è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento» perché «qualunque previsione non ha fondamento scientifico». Sono Franco Barberi, presidente vicario della Commissione grandi rischi; Bernardo De Bernardinis, già vicecapo del settore tecnico della Protezione civile; Enzo Boschi, all'epoca presidente dell'Ingv; Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gianmichele Calvi, direttore di Eucentre; Claudio Eva, professore ordinario di fisica all'università di Genova; Mauro Dolce, direttore dell'Ufficio rischio sismico della Protezione civile. Colpa dello Stato, dei geologi, dei burocrati. L'Italia giustiziera in perenne caccia di mostri da impalare ha ottenuto le sue vittime. «Per le stragi di Ustica e Bologna sono passati 30 anni senza trovare responsabili», esulta Giampaolo Giuliani, quello che lanciò un allarme basandosi sullo studio del radon. Ustica e Bologna paragonate all'Aquila: stragi feroci accostate a un tragico evento naturale, spietati assassini messi sullo stesso piano di geologi e funzionari. A questo siamo arrivati pur di avere qualche nuovo stregone da bruciare sui roghi di tv e web.
Il pubblico ministero ci ha messo del suo. Anch'egli ha azzardato un paio di paragoni discutibili: nella requisitoria di ieri mattina ha citato la «monumentale negligenza» che precedette l'uragano Katrina abbattutosi nel 2004 sulla Louisiana, sancita da una commissione d'inchiesta del Congresso americano che fece dimettere il capo della Protezione civile Usa. E ha perfino scomodato gli attentati dell'11 settembre 2001 e un rapporto che portò alle dimissioni dei vertici della Cia. Eccoci: vedrai che le torri gemelle e Katrina sono colpa loro, dei burocrati. I legali degli imputati hanno fatto notare che negli Usa non è stato aperto nessun processo. «Ma in America esiste un altro istituto, quello delle dimissioni», ha ribattuto il pm Picuti. Bastava togliere il disturbo per evitare sei anni di galera?
Il vero risultato di questa sentenza è che nessun ricercatore oserà più pronunciarsi nel timore di una condanna penale. La gente che vede la propria casa crollare penserà che è responsabilità degli scienziati, e non di chi l'ha costruita male o ha mancato i controlli, o semplicemente della potenza misteriosa di madre natura.
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