Non solo cozze per Emiliano In dono pure un Rolex d’oro

Un regalo del sultano dell’Oman in visita a Bari. Grande imbarazzo del sindaco Pd, che però resiste: "È della città, lo tengo in cassaforte"

Non solo cozze per Emiliano In dono pure un Rolex d’oro

Un turista sui generis, Qabus bin Said. Quando il sultano dell’Oman nella primavera del 2008 scelse la Puglia per passare un lussoso «springbreak», non passò certo inosservato. Arrivò a Bari dal cielo, con un Boeing 747 privato, e altri due jet per staff e bagagli, mentre fuori dall’aeroporto una quindicina di Mercedes acquistate all’uopo aspettavano di trasportare il sultano e la sua corte a bordo dei due enormi panfili arrivati in porto il giorno precedente. Uno sbarco degno di un sultano, tra l’altro uno dei più ricchi uomini del mondo. Che nell’occasione, per non smentire la propria fama, donò cinque milioni di euro al Comune di Bari retto dal sindaco Michele Emiliano, destinati al conservatorio cittadino e al reparto di chirurgia pediatrica.
Immancabile la cena a bordo dello yacht per le autorità: prefetto, questore e amministratori locali. C’erano il governatore Nichi Vendola, il sindaco delle cozze pelose e l’allora presidente della Provincia, Vincenzo Divella. I tre esponenti del centrosinistra non videro il sultano ma sbarcarono ognuno con un pensiero del monarca, lo stesso per tutti: un Rolex d’oro massiccio Oyster Perpetual Day Date, personalizzato dal sultano, con quadrante bianco e numeri romani. Valore, 20mila euro.
Una robetta che non poteva passare inosservata, e ai tre politici toccò spiegare che cosa intendevano fare del dono. Diretto all’istituzione, non alla persona, giusto? Sì, o forse no. Perché ognuno dei tre aveva una sua idea. Vendola spiegò che «ovviamente» l’avrebbe messo all’asta, destinando «il ricavato in beneficenza». Divella fece spallucce: «Ce lo dovremo tenere, l’ambasciatore mi ha detto che se lo diamo via offenderemmo il sultano». L’ex pubblico ministero antimafia diventato primo cittadino di Bari parlò di «grande imbarazzo», escluse di poterlo «mai indossare», ma anche di poterlo vendere, «almeno nell’immediato».
Come è noto, da quel 2008 a oggi i motivi di imbarazzo per Nichi Vendola e per Michele Emiliano sono diventati altri. Il governatore ha visto la sanità regionale finire al centro di più inchieste, tra arresti e indagati eccellenti di gente che gli ruotava attorno ogni giorno.
Il sindaco a sua volta si è recentemente trovato sulla graticola per una vasca di pesce, spigole e cozze pelose ricevuta in dono dalla famiglia Degennaro, costruttori-politici vicini alla sua Giunta, tanto che a una delle giovanissime ragazze della dinasty di imprenditori Emiliano volle affidarle nientemeno che un assessorato infarcito di un’infinità di deleghe, fregandosene del palese conflitto di interessi.
Pochi giorni fa, quasi a voler infierire sulle disgrazie del sindaco che s’era messo in testa di succedergli in Regione, Vendola ha varato giust’appunto una leggina «antiregali»: chi ricopre incarichi istituzionali può tenere per sé solo i doni al di sotto dei 200 euro di valore, altrimenti deve pagare la differenza. Una norma che sembra fatta apposta per prendere le distanze dall’ultima magagna ittica del nemico-amico Emiliano.
Ma che fa anche tornare alla mente quel triplice dono da sultani. Che fine hanno fatto gli orologi? Se lo domanda anche il capogruppo del Pdl in regione, Rocco Palese. Detto di Divella, che per non offendere il sultano non intendeva venderlo, e lo avrebbe tenuto anche una volta lasciata la presidenza della Provincia, ecco Emiliano chiarire che il suo, pare di un vistoso oro rosa, è al sicuro, nella cassaforte del municipio, anche perché a differenza delle cozze non è deperibile. «Appartiene alla città», fa sapere il sindaco, che non ha però intenzione di venderlo, perché comunque «testimonianza di un evento». Quando convocò la conferenza stampa per mostrare ai giornalisti i regali ricevuti, qualcuno notò che alla fiera dei cadeaux mancava il prezioso orologio. Bah.
E Vendola? Del suo generoso intento c’è traccia nelle cronache di quei giorni. Qualche mese dopo, a gennaio del 2009, il Rolex donato al governatore era nella vetrina di una nota gioielleria barese, che avrebbe dovuto curarne la vendita all’asta, base di partenza 20mila euro, ricavato come detto da dare in beneficenza. La scadenza fu prorogata, ma non è chiaro se l’orologio poi sia stato venduto o meno. Ora come ora, però, il beau geste per sbarazzarsi del gioiellino sarebbe in contrasto con la sua stessa legge.


Per darlo via in beneficenza, infatti, il governatore dovrebbe versale alle casse regionali, di tasca propria, la differenza tra i 200 euro di valore-soglia e il prezzo del Rolex ricevuto dal sultano. Chissà com’è andata.

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