Politica

Non solo Ingroia: ecco i magistrati che fanno politica

Da Messineo alla Gandus, quelli che si schierano in barba all'imparzialità

Non solo Ingroia: ecco i magistrati che fanno politica

Fanno i pm o i giudici ma hanno una consumata dimestichezza con le agenzie di stampa, con i talk show e con gli equilibri della politica. Non c'è solo Antonio Ingroia a tenere alta la bandiera del partito delle toghe. Certo, il sovraesposto procuratore aggiunto di Palermo fa indigestione di convegni e congressi e non manca una festa o un festival che sia uno. Ma anche i suoi colleghi non stanno con le mani in mano, un metro indietro, riparati dalla prima linea della polemica di giornata. Ci mancherebbe. Tre anni fa, a ottobre 2009, Berlusconi telefona a Ballarò e attacca a testa bassa «i giudici comunisti di Milano». Niente paura. A rispondergli per le rime non ci pensa solo l'Anm, che in fondo è il sindacato della categoria, e nemmeno il Csm. No, dall'altro capo della penisola, da Siracusa, il procuratore Ugo Rossi non perde l'occasione per inventarsi portavoce non richiesto del blasonato gruppo e definisce le dichiarazioni del Cavaliere «un fatto gravissimo». Non basta. Già che c'è, s'indigna ancora e replica, come se fosse un interlocutore diretto dell'ex premier: «Dire comunista è come dire delinquente». Per lui è inammissibile.

Questo botta e risposta in Italia è normale. O quasi. Non sconvolge nessuno. Nessuno, o quasi, si stupisce che un Gip di Napoli, Nicola Quatrano, sfili insieme ai no global contro il G8, accompagnato da tutta la famiglia. Lo stesso Quatrano in epoca più recente ha preso la parola in un'assemblea della Cgil per spiegare che l'unico modo per opporsi alla nuova legge sull'immigrazione era la disobbedienza civile. Pare incredibile, ma è così. I magistrati, che puniscono chi ha violato la norma, in qualche caso invitano a stracciare la legge. Poi, una qualche spiegazione, una pezza per giustificarsi, salta sempre fuori. Quando gli hanno chiesto perché fosse andato in piazza contro il G8, il magistrato ha fatto capire che passava di lì per caso. Ingroia, almeno rivendica, e con articolati ragionamenti, le sue ragioni e poi, a breve, si smarcherà in Guatemala. Altri passano senza il minimo imbarazzo dalle aule ai cortei. E non importa se la loro immagine venga sporcata insieme al profilo di imparzialità, terzietà e tutta la solita cipria di buoni propositi.

Nicoletta Gandus, storica toga di rito ambrosiano, considera il Cavaliere, che contraccambia di cuore, la causa di molte se non di tutte le sventure italiane. Opinioni affidate ai siti web, riunioni di Magistratura democratica, la corrente di sinistra dei giudici italiani, documenti e assemblee affollatissime. Peccato che la Gandus sia stata anche il giudice che doveva decidere il destino del Cavaliere nel processo Mills. Non sarebbe stato bene cucirsi la bocca? No, perché la Gandus ha un passato glorioso nella sinistra più sinistra italiana e non ha mai rinunciato a far sentire la sua voce. E che voce. Del resto, la Costituzione glielo garantisce. Così l'onnipresente signora ha firmato pure un pamphlet contro la legge sulla procreazione e ha aggiunto il suo nome ad un appello contro Israele e la sua politica. Per non farsi mancare niente, si è fatta vedere pure al forum antagonista di Porto Alegre, in Brasile. Nessuno mette in dubbio la sua buona fede, ma è difficile capire come si possa fare il magistrato quando ci si schiera in modo così clamoroso e partigiano su temi incandescenti, che tagliano trasversalmente la società.

Inutile stupirsi. In Italia funziona così. Tutto va bene e tutto s'aggiusta. Perfino la strabiliante affermazione del procuratore di Palermo Francesco Messineo (nel tondo), quando Panorama ha pubblicato i contenuti, presunti, delle intercettazioni di Napolitano. «Sicuramente - ha precisato lui - le notizie non sono uscite dalla procura che difficilmente avrebbe usato Panorama, pur legittimamente, ma mai molto tenero con la stessa».

Chiaro? Anche gli scoop non sono tutti uguali.

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