Nordest in rivolta: "Basta moschee"

Da Padova a Pordenone, esplode la protesta contro i luoghi di culto musulmani. A Treviso il sindaco sgombera i musulmani, loro picchiano un consigliere leghista. E domani, in pieno ramadan, arrivano anche le telecamere di Al Jazeera

Nordest in rivolta: 
"Basta moschee"

Treviso - A volte ritornano: sono le telecamere di Al Jazeera in Veneto, che dopo aver girato uno «speciale» sui quartieri-ghetto di Padova atterrano domani a Treviso per filmare la preghiera del ramadan a Villorba. L'eco del duro faccia a faccia tra la comunità musulmana e Giancarlo Gentilini è giunta fino al Qatar. Ed ecco le troupe del potente network arabo fronteggiare le truppe del vicesindaco leghista. Youssef Tadil, l'imam di Treviso, sembra non volere alimentare lo scontro. Ha convocato i sindacati e le associazioni di volontariato, e ha invitato «testimonial» come il calciatore Del Piero, l'attore Marco Paolini e la famiglia Benetton (che però ha negato il Palaverde per la preghiera conclusiva di fine mese). Vuole mostrare che la comunità musulmana di Treviso è fatta di gente integrata, che lavora e manda i figli a scuola.

Ma Al Jazeera non sbarca in terra padana l'indomani del settimo anniversario dell'11 settembre per confezionare un cortometraggio patinato. La preoccupazione è altissima in una provincia dove ogni anno il ramadan, con i suoi affollati riti pubblici, fa esplodere tutto il disagio che cova nella popolazione. La Digos ha disperso i musulmani in preghiera davanti al capannone di Villorba, sloggiati da un'area a destinazione commerciale per ordine del sindaco: e c'è il rischio che la tv araba debba documentare un altro sgombero per occupazione abusiva. Giorni fa alcuni fedeli islamici hanno picchiato il consigliere leghista Pierantonio Fanton davanti alla sala di culto sulla cui serranda era stata scritta una bestemmia contro Maometto. C'è tensione tra il comune di Treviso e i giovani musulmani del gruppo «Seconda generazione» che hanno preso in affitto un ex supermercato nel quartiere di San Liberale. L'ondata di contestazione verso le sale di preghiera islamiche percorre tutto il Nordest, una volta la sagrestia d'Italia. A Padova l'altra sera la maggioranza di centrosinistra ha negato il referendum chiesto da Pdl e Lega sulla nuova moschea in via Longhin (a 500 metri in linea d'aria da via Anelli), dopo la passeggiata leghista nella zona con un maiale al guinzaglio: ma i militanti del Carroccio, che in consiglio comunale si sono imbavagliati con i fazzoletti verdi, annunciano ricorsi al Tar. A Oppeano, nel Veronese, il sindaco e neodeputato leghista Alessandro Montagnoli ha chiuso un centro islamico allestito in un locale destinato ad attività commerciale, annunciando di voler intitolare una piazza a Oriana Fallaci. A Paese, non lontano da Treviso, è stato bloccato l'esperimento di una «moschea itinerante». A Vittorio Veneto c'è una mezza rivolta contro il gestore di un impianto di autocross che vorrebbe vendere il terreno a un'associazione islamica. Anche a Pordenone, in Friuli, dove la presenza dei seguaci di Maometto è inferiore che in Veneto, si moltiplicano le richieste di spazi dove celebrare i rituali.

È questo il clima in cui gli amministratori pubblici chiedono di introdurre le «quote immigrati» nelle scuole elementari, oppure di rendere di nuovo obbligatoria l'ora di religione, in modo che anche gli immigrati che credono in Allah possano conoscere i fondamenti della civiltà occidentale. Il Carroccio è l'interprete più convinto del disagio anti islam: lo testimonia la proposta di legge che autorizzerà la costruzione di nuove moschee soltanto dopo lo svolgimento di un referendum. «Non sono luoghi di culto, ma di indottrinamento e proselitismo», sostengono i promotori Roberto Cota e Andrea Gibelli.

Tuttavia questo non è un fenomeno soltanto leghista. Basta sfogliare gli ultimi numeri del Gazzettino, che ha messo a disposizione dei lettori un numero di telefonino dove inviare sms sulla questione, e una pagina dove pubblicarli. «Moschea no». «Devono esistere solo luoghi di preghiera cristiana». «Io sono stata emigrata per tanti anni e non ho mai preteso niente». «Provate voi a entrare in una moschea». «Questa è gente che viene da paesi antidemocratici e scambia la democrazia per debolezza e permissivismo». «Vogliono fare i padroni a casa nostra». «Ero in viaggio a Sharm, è stata negata una messa il giorno di Pasqua anche se avevamo trovato il sacerdote». «Io non sono mai stato razzista ma da quando ho dipendenti musulmani lo sono diventato». I «lasciateli pregare tranquilli» e «la libertà di culto è scritta nella Costituzione» sono rarissimi.

Un anno fa, un sondaggio dello stesso quotidiano veneto rivelava che il 52 per cento della popolazione guardava all'islam con sospetto e il 16 per cento esprimeva un giudizio «molto negativo».

Oggi nel Nordest i maomettani sono 150mila con una quarantina di luoghi di culto censiti. Parecchi frequentano le sale di preghiera soltanto nel ramadan. Così, in questi giorni, l'affluenza massiccia di migliaia di immigrati dimostra quanto potere abbiano le moschee.

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