Fate il pieno di fragole, cetrioli e mirtilli. Bevete qualche tazzina di caffè al giorno e state alla larga dalla carne saltata in padella o a quella alla griglia. I santoni delle sperimentazioni le tentano tutte pur di dare qualche notizia in più sulla piaga silenziosa del nostro secolo. Il morbo di Alzheimer, si sa, è ancora uno sconosciuto. Non c'è cura, solo farmaci intervengono solo sui sintomi. Ma alcuni traguardi sono stati raggiunti. Primo tra tutti la recente scoperta di un nuovo gene coinvolto nella patogenesi della malattia che sta aprendo nuove frontiere per la cura della malattia. Poi c'è il comodo prelievo del sangue con cui si può scoprire, con una certezza del 90% se il morbo si presenterà a breve nella vita di una persona. È invece già in sperimentazione negli Usa un siero che agendo sul sistema immunitario potrebbe bloccare la formazione delle placche amiloidi, un punto chiave nella genesi della malattia. Ancora in studio, invece, un vaccino che, bloccando la produzione di betaamiloide, potrebbe arrestare la progressione della malattia.
Fin qui la scienza che però deve fare i conti con fatti inspiegabili da rilevare, come il potere dell'amore e dell'istinto sulla malattia. Ha fatto il giro del mondo, per esempio, un video lanciato in rete da Lisa Abeyta, che ha come protagonista suo padre, malato di Alzheimer allo stadio finale. L'uomo ha perso quasi completamente la capacità di formulare delle frasi di senso compiuto, faticando nel trovare i termini giusti. Ma in quel video, l'anziano sembra un'altra persona. Con il cane di sua figlia, che lo ha accolto quel giorno alla porta, le parole dell'anziano sembrano seguire un flusso più chiaro e ordinato. Accarezza il fido Roscoe, gioca con lui. C'è intesa e serenità in queste immagini che forse stimoleranno qualche scienziato a scoprire se i cani possono aiutare quei malati, così come accade con i cavalli per i bambini autistici.
Per il momento accontentiamoci di sperimentazioni elettroniche. O meglio di un videogioco per iPad e iPhone che sarebbe in grado di diagnosticare l'Alzheimer e persino curare altri problemi neurologici.
Il gioco si chiama Project: Evo e ha già trovato un paio di multinazionali farmaceutiche interessate a finanziare i test. Muovendo il dispositivo l'utente indirizza un alieno che percorre un fiume, e allo stesso tempo deve premere sullo schermo in corrispondenza di pesci o uccelli. L'esercizio, messo a punto dal neuroscienziato dell'università di San Francisco Adam Gazzaley, mette in moto quello che in neurologia si chiama «elaborazione di interferenza», una funzione che è tra le prime a venire meno in caso di problemi neurologici. Attualmente l'Alzheimer viene diagnosticato con certezza solo con una Pet, un esame molto costoso al cervello in cui si ricercano le placche amiloidi, accumuli di proteine che causano la malattia. Nel test sono stati reclutati pazienti che hanno un'alta quantità di placche e altri ancora all'inizio della malattia, per verificare se questo influisce sui punteggi di gioco. «Se riusciamo a dimostrare che i risultati del gioco sono proporzionali alle placche - spiega uno dei fondatori della compagnia, Eric Elenko - avremo un metodo di diagnosi economico e preciso».
L'interesse è altissimo perché la malattia non conosce confini. Nel mondo 44 milioni di persone soffrono di Alzheimer e una stima dell'Oms parla di 135 milioni di persone affette dal morbo nel 2050, con un'incidenza fra le classi sociali più povere di oltre il 70 per cento.
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