O gni guerra ha la sua parola d'ordine, quelle politiche non fanno eccezione. Nel 2011, l'operazione per disarcionare il governo Berlusconi e insediare quello dei tecnici del professor Monti avvenne al grido di «spread». E guai a opporsi, pena la decadenza dell'Italia, anche se in seguito fu ampiamente e scientificamente dimostrato come le vicende politiche interne ben poco influissero sull'andamento del suddetto spread. Oggi, due anni dopo, la stessa compagnia di giro (Europa, banchieri, economisti, sinistra politica e mediatica) ha deciso l'opposto: l'attuale governo deve rimanere in sella indipendentemente dal destino del Cavaliere. E questo perché il Paese, ed ecco la nuova parola d'ordine, ha bisogno di «stabilità». Avete notato? La parola ricorre in ogni discorso, è sbattuta in faccia a chi sostiene che, se il Pd voterà per la decadenza di Berlusconi, per il Pdl sarà difficile continuare a sostenere il governo. Ora, è ovvio che la stabilità è condizione indispensabile per qualsiasi attività umana, ma detto questo non penso che la stabilità sia un valore assoluto sul cui altare sacrificare qualsiasi cosa. Le dittature sono regimi politicamente stabili (il fascismo andò al potere con il motto: ordine e stabilità), il socialismo reale ha affamato per decenni i suoi popoli proprio in forza della sua stabilità. Slegata da altre parole, tipo «libertà», «democrazia», «benessere», la stabilità è solo una gabbia per la gente che la subisce, un anestetico sociale, un placebo economico.
Essere stabili non significa essere succubi, farsi imporre (cosa che sta accadendo guarda caso in queste ore) ricette economiche da altri Stati o strutture sovranazionali (il ministro economico europeo ieri ci ha chiesto di fatto di non togliere l'Imu e di non abbassare l'Iva), rinunciare alla sovranità nazionale o assistere muti alla decapitazione del proprio leader politico. Quindi attenti a non ripetere l'errore di credere che lo spread fosse il nuovo e unico metro di giudizio. La stabilità ben venga se punto di incontro e di equilibrio.
Ora, visti i risultati della prima esperienza (tasse, esodati, disoccupazione) verrebbe da dire: fermatevi.
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