RomaLe Regioni spendono ogni anno milioni di euro. Un fiume di finanziamenti pubblici ai gruppi consiliari. Il Sole24Ore calcola in 743mila euro il costo per ogni seggio nelle Regioni. Considerando che i consiglieri dei parlamentini sono 1.111, il costo complessivo è di 822.140.000 euro.
Secondo un ranking che prende in considerazione diversi fattori, dalle spese per gli organi istituzionali, al numero di commissioni e giunte, fino alle spese per studi e consulenze, emerge anche una classifica delle Regioni più o meno virtuose. In testa, cioè quelle con i punteggi migliori, si trovano l'Emilia Romagna, le Marche, il Veneto, la Puglia e la Toscana, in fondo invece Basilicata, Calabria, Sicilia, e ultimo il Molise. Quello col record di monogruppi. E i controlli sulle spese? Ci sono verifiche esterne, come faticosamente ottenuto per i finanziamenti ai gruppi parlamentari? Macché, solo interne, molto interne...
Il capogruppo dell'Udc in Regione Abruzzo, il dott. Menna, tiene una contabilità impeccabile. Nell'ultimo rendiconto, da lui convalidato, ha riportato tutte le spese del suo gruppo consiliare, 103mila euro, nel dettaglio. Ci sono 12mila euro di «spese di rappresentanza», 8mila euro per «organizzazione convegni», 8mila euro di spese postali, 49mila euro di consulenze esterne, 6mila euro di «oneri per il funzionamento decentrato del Gruppo», e 3.200 euro di «rimborsi spese consiglieri». Piccolo dettaglio: il Menna è l'unico consigliere di quel gruppo, un monogruppo di cui è capogruppo, e che amministra diligentemente grazie al finanziamento previsto dalle regioni italiane per i gruppi consiliari. Anche se sono composti da un solo membro. Una vera pacchia, che ha generato un effetto monstre nella casta territoriale: i monogruppi proliferano. In Regione Abruzzo, oltre a quello dell'Udc, ci sono altri consiglieri che fanno gruppo (finanziato) a sé. I Comunisti italiani, l'Api, La Sinistra Verdi-Sd, Rifondazione comunista, il MpA. Sei monogruppi su 12 gruppi consiliari, su 45 consiglieri. C'è chi fa meglio. Il Molise, ad esempio. Lì il business dei gruppi è un'arte consolidata. In Regione ci sono trenta consiglieri, ma ben diciassette gruppi consiliari, uno per ogni consigliere e tre quarti. Di questi dieci sono monogruppi, dall'Udeur a «Il Molise di tutti», da Sel a «Costruire democrazia», tutti con i loro bravi capogruppo con indennità aggiuntiva di carica, segreteria e autoblu. In Regione Umbria ci sono cinque monogruppi, grazie alla deroga concessa dall'Ufficio di presidenza per scavalcare la regole che prevede una soglia minima di tre consiglieri per formare uno nuovo. E oplà, ognuno ha diritto ad un ufficio arredato, attrezzature informatiche e telefoniche, un ufficio di segreteria composto da 2 a 6 unità oltre a un responsabile ed alla copertura delle spese per stampa di manifesti e pubblicazioni, spese postali e telefoniche, consulenze, cancelleria, quotidiani e riviste. «Ma allora, a cosa serve il famigerato gruppo misto?» si chiedono i Radicali umbri Michele Guaitini e Andrea Maori. In effetti il Misto servirebbe per aggregare tutti i consiglieri che non rientrano nei gruppi normali. Invece no, ci sono i gruppi normali, quelli individuali e in più il Misto, che in Molise è anch'esso composto da un solo consigliere capogruppo di se stesso. Nella Regione Lazio dell'«ostricaro» Fiorito, i monogruppi sono ben otto (da Fli a Verdi). Anche nelle Marche sono più i monogruppi (nove) dei gruppi normali (sei). Uno spreco valutato in media 100-150mila euro per ogni monogruppo.
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