Okkupano le strade di Roma Marino però non li denuncia

In occasione del sit-in del Pdl in via del Plebiscito andò in Procura per un palo danneggiato, ma con l'"acampada" di Porta Pia il sindaco è più tollerante

Un gruppo di ragazzi durante l'acampada a Porta Pia
Un gruppo di ragazzi durante l'acampada a Porta Pia

Roma - E adesso, caro sindaco Ignazio Marino, tornato dalla Polonia salga sulla sua bicicletta e si rechi alla più vicina stazione dei carabinieri (se le viene più comodo c'è anche la Questura) per denunciare per danneggiamento e occupazione non autorizzata di suolo pubblico i manifestanti che da tre giorni hanno trasformato Porta Pia in un camping. Lo faccia, se non altro per coerenza. E lei, lo sappiamo, alla coerenza ci tiene. Più che alla pedonalizzazione dei Fori un po' farlocca.
Fine del messaggio privato. Ora la spiegazione. Il signor Marino Ignazio, già chirurgo, già senatore del Pd e da qualche mese primo cittadino della Capitale che si è presto tolto il pensiero di far pentire i suoi elettori di averlo votato, ha preso poche posizioni nette da quando bazzica il Campidoglio. Una fu il 4 agosto quando in una domenica romana comprensibilmente desertica il Pdl organizzò una manifestazione in solidarietà con Silvio Berlusconi, che pochi giorni prima si era visto confermare dalla corte di Cassazione la condanna per la vicenda Mediaset.
Quel giorno alcune decine di migliaia di militanti si trovarono in via del Plebiscito provocando a una città vuota disagi zero. Nessuna «acampada», nessun «Occupy via del Plebiscito», un'oretta di comizio e tutti a casa. Unico danno: un palo segnaletico segato per montare il palco, ciò che fece molto arrabbiare Marino. Il suo ufficio stampa precisò che il Campidoglio non aveva «autorizzato un palco per il comizio in via del Plebiscito di Silvio Berlusconi per il semplice motivo che non ha ricevuto una richiesta in proposito» e che avrebbe gradito che gli organizzatori avessero agito «rimanendo nell'ambito della legalità, valore a cui questa amministrazione tiene molto». Poche ore dopo il sindaco, piccato perché nel frattempo Fabrizio Cicchitto gli aveva dato del «cretino», alzò la posta su Facebook: «Domani, smontato il palco, la polizia locale verificherà danneggiamenti alla sede stradale e alla segnaletica e darà notizia di reato alla Procura della Repubblica».
Cavolo, che intransigenza. Un vero sindaco sceriffo, che non vuole grane e si fa rispettare. Due mesi e mezzo dopo di questo piglio non c'è più traccia. Marino sopporta senza battere ciglio quattro giorni di «occupyazione» da parte dei no-tutto, una tendopoli spontanea in una delle piazze strategiche per la viabilità cittadina, le squadre specializzate nel decoro impegnate da giorni nella pulizia dei muri e nel ripristino dell'arredo urbano. E ci risulta che nessuno dal Campidoglio abbia chiesto ai responsabili l'indirizzo per l'invio della fattura. Per non parlare dei due milioni di euro di mancati incassi (stima Confcommercio) per i negozianti che hanno dovuto tenere i negozi chiusi sabato scorso. Evidentemente i commercianti capitolini sono cittadini di serie B, che non meritano un risarcimento per la sfortuna di vivere e lavorare in una città aperta, apertissima a tutti.
Marino era talmente rilassato da scegliere di trascorrere i giorni più lunghi della Capitale in Polonia, nel viaggio della memoria che porta alcune scolaresche romane ad Auschwitz. Lui alle critiche risponde che «quello che alcuni incauti commentatori hanno definito irresponsabile è stato in realtà estremamente organizzato e programmato».

Era stato anche predisposto «il piano B da Palazzo Chigi: nel caso ci fossero stati disordini e violenza, sarei tornato a Roma in due ore». Di Supersindaco non c'è stato bisogno. Di un po' di coerenza però ora ce ne sarebbe.

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