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Ora basta: fare il pieno costa più della spesa

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Dannato bocchettone sul fianco dell'auto. Ci costa più dissetare lui che sfamare le bocche dei nostri figli. Il conto è presto fatto, e ci ha pensato la Coldiretti che ha scoperto un concorrente in più nell'ostacolare la vendita delle produzioni agricole nostrane. Ieri la benzina ha toccato un nuovo record. In Liguria e Toscana, le regioni che applicano le addizionali più elevate, il prezzo della verde ha raggiunto i 2,014 euro. Il doppio di un litro di latte. Per riempire il serbatoio di una berlina media (diciamo 60 litri) ci vogliono 120 euro. Secondo l'Istat, ogni settimana una famiglia italiana spende 111 euro per la spesa alimentare. Mettiamo a confronto i due esborsi, ed ecco la notizia: dar da bere alla quattro ruote costa più che dar da mangiare a moglie e figli.
Di record in record, di primato in primato, nemmeno fossimo alle olimpiadi del rincaro, il prezzo del carburante è come Bolt: sempre più scattante, sempre più inarrestabile. Nessun Paese europeo insidia la nostra medaglia d'oro per gli importi della benzina. Gli sconti estivi nel fine settimana sono stati un sollievo poco più che simbolico per i portafogli degli italiani. Venerdì i distributori segnavano una certa cifra, sabato e domenica la diminuivano di poco, il lunedì la maggioravano. Due passi avanti e uno indietro, sembra di essere tornati ai balletti dell'asilo. E comunque queste brevi pause nella frenesia dei rialzi sono agli sgoccioli, come i portafogli di tanti italiani e la loro pazienza: il prossimo weekend sarà l'ultimo accompagnato dagli «scontoni». Dal 3 settembre non ci sarà tregua per nessuno.
C'è il peso delle accise, quello delle addizionali imposte da regioni anch'esse affamate, e poi l'Iva che cresce in proporzione. Secondo gli artigiani di Mestre, maestri nel calcolare la pubblica spremitura ai danni delle tasche private, negli ultimi quattro anni l'erario ha incassato un gettito aggiuntivo di 4 miliardi di euro grazie all'aumento dei prezzi dei carburanti: 2,3 miliardi di maggiore Iva e 1,7 miliardi di accresciute accise. Tra il 2005 e il 2007, per esempio, lo stato ha incassato in media 0,191 euro di Iva per ogni litro di gasolio: oggi siamo a 0,299 euro. Il 56 per cento in più. Qualcosa in meno (48,4 per cento) per la verde: da 0,211 euro si è passati a 0,313.
La benzina costa come un chilo di pesche, quasi il doppio di un chilo di pasta e due volte un litro di latte. «Un rapporto di cambio - commenta la Coldiretti - che non è eticamente ed economicamente sostenibile e che mette a rischio la ripresa del Paese». Quello che l'Istat chiama «carrello della spesa», cioè il paniere dei prodotti acquistati più frequentemente dai consumatori, segna un aumento tendenziale annuo del 4% su cui gravano soprattutto i listini dei carburanti, con incrementi a doppia cifra. Ma il conteggio dei rincari è parziale. Esso non tiene conto dell'effetto moltiplicatore. La corsa al rialzo dei carburanti incide sul costo dei trasporti, il che significa che anche la spesa alimentare ne risentirà perché, secondo Federconsumatori, l'86% dei beni di largo consumo viaggia su gomma. Difficile calcolare con precisione quale sia questo effetto, ma alcuni dati rendono bene l'idea. La logistica, cioè deposito e soprattutto trasporto, incidono anche del 30% sul prezzo finale dei prodotti agricoli. Sempre la Coldiretti ha effettuato un'altra stima: i cibi che compongono il pasto medio di una famiglia di quattro persone (diciamo pastasciutta, bistecche, verdura, frutta, acqua in bottiglia) percorrono circa 2000 chilometri prima di arrivare sulla tavola.
Così ci si barcamena tra autobus o biciclette, discount alimentari e mercatini con prodotti «a chilometri zero» (fenomeno in continua crescita), «pompe bianche», self-service, rifornimenti notturni e scontati, impianti a gpl. Chi può, va in vacanza all'estero dove gli alberghi e il pieno costano meno. Aggiungiamoci l'attesa delle liberalizzazioni varate dal governo che, tra l'altro, dovrebbero mettere fine al marchio unico per le pompe e consentiranno ai distributori di rifornirsi presso le compagnie che offrono prezzi più convenienti.

Si raschia ovunque ma senza grandi speranze, perché accise e addizionali marciano più velocemente del prezzo della materia prima, che già galoppa di suo. E le buste paga non partecipano alle olimpiadi dei rincari. Ma a quelle dei gamberi.

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