Roma Silvio Berlusconi è partito per la tre giorni in Russia da Vladimir Putin con l'idea che l'intesa sulla nuova legge elettorale sia ormai vicina. Negli ultimi giorni, infatti, pare che Denis Verdini e il piddì Maurizio Migliavacca, abbiano fatto progressi e siano arrivati a «chiudere» sulle questioni più spinose, tanto che mercoledì in Senato c'è stata l'apertura del relatore del Pd, Enzo Bianco, sul premio di maggioranza al partito e il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello ha parlato di «accordo ampio» su cinque punti. Certo, nel merito il Parlamento dovrebbe occuparsene dopo la pausa estiva, ma un'intesa di massima il Cavaliere e Pierluigi Bersani l'avrebbero trovata se il segretario del Pd si spinge a dire in conferenza stampa che «nei prossimi giorni potrebbero esserci novità». Con Angelino Alfano che gli eco: «La legge elettorale la faremo».
I termini sono questi: sistema proporzionale secondo le regole del cosiddetto Provincellum con premio di maggioranza del 15% al primo partito e soglia di sbarramento del 5%. Con i seggi che saranno assegnati per un terzo in liste bloccate (decise, dunque, dai partiti) e per i due terzi in collegi con le cosiddette preferenze di genere (come per le Europee). Il Pd, insomma, molla sul premio di maggioranza alla coalizione mentre il Pdl cede sulle preferenze e supera le sue perplessità sul Provincellum (che rischia di mettere in competizione i candidati dello stesso partito, visto che l'obiettivo non è solo vincere nel proprio collegio ma sperare che negli altri collegi della circoscrizione non ci siano «colleghi» che prendono più voti).
In Parlamento la riforma dovrebbe arrivare a settembre, dove gli sherpa ipotizzano tre o quattro settimane per l'approvazione, anche se l'avversione dei parlamentari al Provincellum rischia di creare qualche agitazione. Certo, riformato il sistema di voto tutto può succedere. E anche l'ipotesi di elezioni anticipate non può essere esclusa. Ecco perché Berlusconi sta lavorando a testa bassa sia sul fronte partito (è confermato che il nome dovrebbe essere Grande Italia che, oltre a richiamare a Forza Italia, per il Cavaliere ha il pregio di non avere «acronimi» perché «GI non suona e nessuno lo chiamerà così») e ha accelerato sul versante campagna elettorale. Tanto, al più tardi a marzo, si vota comunque e dunque sarebbe «da stupidi» farsi trovare impreparati se eventualmente si finisse per andare alle urne a novembre.
Un'ipotesi che secondo qualcuno prende quota anche a leggere le dichiarazioni di ieri di Mario Monti. «Sono fiducioso che i partiti lavorino per raggiungere un accordo sulla nuova legge elettorale perché anch'essa dà credibilità al sistema politico e contribuirà molto a rasserenare fin d'ora le aspettative degli italiani e degli stranieri sull'Italia, perché - dice il presidente del Consiglio - la ripresa del normale percorso politico con le elezioni e dopo le elezioni avverrà su una base più solida». Ora, che davvero Monti possa pensare che la nuova legge elettorale rassicuri gli osservatori stranieri, è piuttosto improbabile dopo che lo spread ha continuato a salire alle stelle nonostante tagli, manovre, tasse e pure la riforma del lavoro. E quindi l'uscita del premier potrebbe essere letta in chiave interna come un appello ai partiti a fare presto. Con la consapevolezza che il via libera ad una nuova legge elettorale inevitabilmente aumenta le possibilità che si vada alle urne prima del previsto.
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