Ora ci tocca sperare in Bertinotti

Pensioni, prova di forza dei Ds ma la sinistra radicale resiste. Anche D'Alema contro l'abolizione dello scalone. Ultimatum di Fassino: "Non è uno scandalo lavorare di più". IRifondazione nell’angolo è tentata di far saltare il governo: "Una settimana per decidere se ingoiare la mediazione". Bonanni, leader della Cisl: "Cinismo indecente, ora basta con i ministri tifosi"

Ora ci tocca sperare in Bertinotti

da Roma

È ancora presto per dire se il governo Prodi sia davvero arrivato «a fine corsa», come sostiene l’Udc Cesa. Ma certo la settimana che si apre sarà decisiva per capirne le sorti, e per scoprire se sul gigantesco pasticcio dello «scalone» pensionistico si arriverà ad una frattura incomponibile.
Gran parte dell’onere della decisione grava sulle spalle di Franco Giordano e di Fausto Bertinotti, la leadership di Rifondazione comunista, su cui è in corso un pressing forsennato. E in casa Prc si prevede che il comitato politico convocato dal segretario per il prossimo fine settimana sarà molto probabilmente quello in cui «dovremo decidere se ingoiare la “mediazione” di Prodi o assumerci la responsabilità di far saltare il tavolo». E il governo.
Venerdì sera Massimo D’Alema, dalla festa dell’Unità di Roma, è tornato all’attacco contro «la sinistra che non pensa al domani» e che «racconta favole». Ha ribadito quanto era andato a dire la settimana scorsa in casa Cgil: abolire lo scalone è «sbagliato», e soprattutto ha un costo insostenibile: «65 miliardi in dieci anni», ha calcolato. E ha fatto capire quale secondo lui è l’unico sconto accettabile: tenere fuori dai prossimi «scalini» che innalzeranno l’età pensionabile i «lavori usuranti» che, ricorda, «sono già stati definiti per legge dal mio governo». Bocciando implicitamente il «non possumus» di Bertinotti, secondo il quale tutto il «lavoro operaio» deve essere esentato dall’innalzamento dell’età, mentre sul resto si può trattare.
Il vicepremier ds sa benissimo che per Rifondazione l’esclusione dei soli «usuranti» è assolutamente inaccettabile: «Sono 500: palombari, minatori e poco altro. Gli operai invece sono 8 milioni», si inalbera il capogruppo Prc Migliore. Ma ieri anche il segretario della Quercia Piero Fassino, intervistato da Repubblica, ha attaccato il Prc, bocciando aspramente l’ultimatum bertinottiano: «La sua distinzione tra operai e impiegati è ideologica, manichea e insostenibile, ci riporta indietro di 30 anni». Fassino sa che gran parte del sindacato, anche Cgil, è sulla stessa linea e che il Prc è isolato in questa sua richiesta: come spiega il segretario aggiunto Cisl Baretta, «Rifondazione ha una posizione ideologica: l’operaio è una categoria, non un lavoro usurante». Per il leader ds «non è uno scandalo andare in pensione a 60 anni». Affermazione che provoca un’aspra risposta dal Pdci: «Se non si applica il programma dell’Unione, a scandalizzarsi saranno i lavoratori italiani», dice il capogruppo Sgobio. E il ministro Alessandro Bianchi: «Accordo solo con l’abolizione dello scalone». Ma Fassino non recede: «Sarebbe irresponsabile verso i giovani non fare le riforme necessarie», e chiede al Prc un passo indietro: «Deve fare uno sforzo per arrivare ad un accordo». Ma non nasconde la sua preoccupazione: il «rischio di una crisi esiste», il governo sta tentando uno «scatto programmatico», ma «maggioranza ed esecutivo ogni giorno manifestano un grado di coesione debole». Dal fronte moderato incalza anche il socialista Boselli: «L’innalzamento dell’età pensionabile non è una cosa di destra, è una cosa ineludibile».
Rifondazione non replica direttamente all’offensiva riformista, e guarda al premier e alla «mediazione» che ha promesso: «Siamo certi che Prodi userà la bussola del programma», assicura il capo dei senatori Russo Spena. Ma attende con timore il redde rationem: Prodi «cercherà di convincerci dicendo: come vedete non ho dato ragione ai riformisti e ai loro ultimatum, ma questo è il massimo che posso proporvi. Se non ci state salta tutto». Un dilemma lacerante, per il Prc, che teme di vedersi presentare (presto) un conto salato dai propri elettori. Il premier ha fatto sapere che già lunedì, da Israele, potrebbe mandare un primo messaggio alla maggioranza, per poi concretizzare la sua proposta nel Consiglio dei ministri di venerdì.

E l’irruenta capogruppo Pdci al Senato, Emanuela Palermi, dà voce al sospetto di molti, a sinistra: «Il Partito Democratico si gioca lo scalone per far cadere Prodi e andare a un governo istituzionale». In nome della «responsabilità nazionale» evocata da D’Alema e Marini.

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