Roma - Dopo lo sdegno, il cambio di rotta. Ora il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, addirittura «auspica» che le intercettazioni tra Napolitano e Mancino, ordinate dalla sua procura, vengano distrutte.
Il magistrato, intervistato da Klaus Davi, ha corretto il tiro dopo aver insieme smentito che il contenuto dei nastri corrispondesse alle anticipazioni pubblicate da Panorama e confermato che qualcosa di vero doveva esserci (tanto da ipotizzare il via a un'inchiesta per fuga di notizie). Arrivando a sostenere, per smentire l'ipotesi che la sua procura sia un «colabrodo», che la mancanza di virgolettati nell'articolo di Panorama «dovrebbe dimostrare che non si tratta di una fuga di atti o di testi, ma solo di informazioni». Il capo della procura palermitana «concorda in pieno» con la dura reazione del Quirinale alla ricostruzione del settimanale («Non mi risulta che vi siano intercettazioni corrispondenti alle estrapolazioni di Panorama»), ma ribadisce di voler capire di più sul «tentativo di acquisire cognizione di queste intercettazioni». Perché secondo Messineo, la «divulgazione di questi presunti contenuti» è «comunque un episodio inquietante», che concorre a una «logica politica di tensione».
Insomma, il dito punta decisamente contro Panorama e le sue misteriose fonti, talpe che per Messineo - ça va sans dire - non sono certo nascoste nei suoi uffici, il cui feeling con il settimanale non è al massimo, a differenza di altri quotidiani. Con il Quirinale invece, che pure per quelle chiacchierate tra Mancino e Napolitano spiate dai pm siciliani è da mesi sulla graticola, secondo il magistrato c'è una sola «divergenza». Quella «sul modo di distruggere» le intercettazioni, «che non hanno nulla a che vedere con la trattativa», e sono «prive di valenza penale e di interesse investigativo». Oltre che registrate quasi per sbaglio, par di capire, visto che «interromperle era tecnicamente impossibile - alza le mani il magistrato - e si è trattato di un fatto del tutto casuale e involontario».
Di valenza politica, però, quelle chiacchiere ne hanno da vendere, essendo potenzialmente destabilizzanti per la massima carica dello Stato. Ma questo per Messineo è un «fatto accessorio che non ci riguarda», e che «semmai rende ancora più auspicabile che vengano distrutti» i nastri. Nobile intento con un ostacolo: l'iter da seguire per cancellarli. Mica un dettaglio, a ben vedere. Per la procura di Palermo, dovrebbe pensarci «il gip, nel contesto di un'udienza, alla quale avrebbero diritto di partecipare le parti eventualmente interessate». L'udienza pubblica non piace al Quirinale, che vorrebbe che l'ordine di distruggere arrivasse da un gip «nel contesto di un'udienza segreta». Posizione «legittima» per i pm palermitani, che come detto hanno però in mente un'altra idea.
E se per Messineo le intercettazioni non c'entrano con la «trattativa», sembra pensarla diversamente il procuratore antimafia Piero Grasso, che dal palco della festa del Pd, a Reggio Emilia, accosta la vicenda alle bombe del '92.
Se quelle stragi «si inserivano in una strategia più ampia che tendeva a mantenere l'esistente e a fermare la spinta al cambiamento - ha spiegato il capo della Dna - oggi c'è un'ulteriore destabilizzazione fatta da menti raffinatissime contro la magistratura e contro il capo dello Stato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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