Roma Una magistratura «vile». Che ha preferito «emettere una sentenza a difesa di se stessa» e dell'incredibile e «inverosimile castello di accuse» messe insieme «in questi ultimi venti anni» dalla procura di Milano piuttosto che «fare opera di verità». Silvio Berlusconi è esterrefatto, a tratti incredulo per un verdetto che certamente non si aspettava così duro e tranchant. Ma, d'altra parte, la butta lì sconsolato con i suoi interlocutori, «cosa ci si poteva aspettare dopo che per vent'anni la magistratura ha fatto l'impossibile per riuscire a farmi fuori e sovvertire la sovranità democratica?». E ancora: «Davvero ci si poteva illudere che la Cassazione smentisse Magistratura democratica e la procura di Milano?».
Il Cavaliere passa la giornata blindato a Palazzo Grazioli in attesa della sentenza, circondato dai collaboratori più stretti e dalla figlia Marina. E ascolta la lettura del verdetto insieme agli avvocati Niccolò Ghedini e Franco Coppi. La delusione è tangibile e a tratti tracima in vera e propria rabbia. Perché, ripete come un mantra l'ex premier, «sono innocente» ed «è chiarissimo dalle carte e dagli atti processuali». Berlusconi, insomma, si sente come pugnalato allo spalle, anche perché il clima degli ultimi mesi aveva lasciato pensare ad una soluzione diversa. Per la quale, pare, si sarebbe in qualche modo esposto pure Giorgio Napolitano, anche lui - così lo raccontano durante il lungo summit di Palazzo Grazioli - piuttosto sorpreso dalla sentenza. Già, viene evocato spesso il Quirinale nel consiglio di guerra che si tiene nella cosiddetta ala Letta di Palazzo Grazioli. Ed è proprio l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio ad insistere sul fatto che anche il Colle sarebbe rimasto spiazzato, cercando di zittire quei falchi che invece già puntavano il dito contro il Colle.
Davanti a quello che il Cavaliere definisce «l'ultimo atto dell'assalto giudiziario», però, il leader del Pdl alla fine si convince che la linea da seguire è quella della prudenza. Non che non sia fuori dalla grazia di Dio Berlusconi, ma sa bene che non è questo il momento di perdere le staffe e minacciare sfaceli. Anzi. I consigli delle cosiddette colombe, insomma, fanno in parte breccia. «Va bene, prendiamoci due giorni di tempo per riflettere», è il ragionamento del Cavaliere. Per «riflettere» ma anche per vedere cosa succede, come si muove il quadro politico. Già, perché a Palazzo Grazioli in molti sono rimasti colpiti dall'uscita di Guglielmo Epifani che, quando ancora dal Pdl non si era levato un commento, ha detto la sua in modo molto deciso sulla sentenza. Circostanza che secondo lo stato maggiore di via dell'Umiltà testimonia quanto sia lacerato il Pd dopo la conferma della condanna di Berlusconi. Ed è questa una delle ragioni per cui non alzare il tiro adesso, perché si farebbe solo un favore al Partito Democratico che invece è sul punto di implodere. Ecco perché Berlusconi usa l'espressione «noi saremo responsabili» durante una lunga telefonata con il premier Enrico Letta, perché probabilmente la convinzione è che sarà il Pd a non tenere.
Questo non gli impedisce, però, di dire pubblicamente la sua. E lo fa in un lungo videomessaggio, a tratti drammatico e commosso. «In cambio di un impegno di 20 anni quale è il premio? Accuse sul nulla e una sentenza che mi toglie la libertà e i miei diritti politici», dice Berlusconi. E ancora: «C'è stata un violenza incredibile e con accuse in processi senza alcun fondamento. C'è stato un accanimento giudiziario senza pari che non ha uguale da quando ho deciso occuparmi della cosa pubblica. Dal 1992 c'è stata un'azione condizionata e fuorviante da parte della magistratura che ha preteso di assurgere un ruolo di rinnovamento morale in nome di una presunta innovazione etica».
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