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Ore 17.42: in Senato scatta la ghigliottina

Palazzo Madama vota la decadenza. Proteste degli azzurri per il voto palese

Ore 17.42: in Senato scatta la ghigliottina

In una calma irreale, dopo una giornata di tumulti, risse e insulti, alle 17.42 il Senato, respinti tutti gli ordini del giorno del centrodestra, espelle Berlusconi dal Parlamento, e subito dopo convalida l'elezione di Ulisse Di Giacomo, primo dei non eletti in Molise, al posto del Cavaliere decaduto, che sceglie Ncd. I senatori (anche Pd e Sel) defluiscono in silenzio, composti come a un funerale, con l'eccezione di qualche applauso tra i grillini, che alla buvette poi brinderanno col prosecco alla liberazione dal Caimano. Il nero del lutto, invece, è la divisa delle deputate di Forza Italia per il B-Day, tutte in total black tranne un amaranto per la Mussolini e il blu notte della Repetti, compagna di Bondi, tra i più indignati e incandescenti nella truppa berlusconiana.

Era bastata una piccola scintilla, in mattinata, per far scattare i nervi tesissimi dell'ex ministro. Prima una risatina inopportuna dell'alfaniano Naccarato, quindi l'arrivo intempestivo di Formigoni, finito a colpi di «Vergogna! Traditore!» (Bondi a Formigoni), «Zitto tu che hai 70 preferenze» (Formigoni a Bondi), e altri complimenti da far intervenire i commessi per dividerli. Impassibili invece i governisti del Ncd di fronte al discorso-show della Mussolini, che gli dà dei «poltronisti ipocriti», tutti «Alfini» che «dovrebbero vergognarsi», a partire dal «piranha» Alfano («e preferisco chiamarlo Lino perché di Angelino non ha proprio nulla»). Vengono fatte fuori senza problemi, nelle due votazioni mattutine, la pregiudiziale proposta da Casini per rinviare il voto sulla decadenza e la richiesta di voto segreto avanzata da Fi e Ncd.

Iniziano le dichiarazioni fiume dei senatori, tra attacchi furenti, arringhe giuridiche al limite del cavillo, tentativi di mediazione. Casini si duole che «la pacificazione così si allontana», Caliendo (Fi) grida alla «violazione del principio di legalità», mentre il collega Malan evoca il regime fascista, la seduta del 1926 quando «la Camera decise di far decadere, per questioni morali, i deputati aventiniani», con un voto palese appunto per evitare crisi di coscienza fuori dalla dottrina del partito. Applauditi da destra il montiano Albertini, che con un calembour rivendica di aver applicato, da sindaco, la legge «Severissimo, altro che Severino» (nessun indagato nelle aziende del Comune di Milano) ma che nel caso di Berlusconi la retroattività andava sottoposta al giudizio della Consulta (Gasparri va a stringergli la mano e la Bernini si complimenta) e dell'altro montiano, Di Maggio, che dichiara di non voler partecipare a un voto contro le regole perché non segreto. Evoca Matteotti ma anche Bettino Craxi il senatore socialista Barani (gruppo Gal), garofano all'occhiello, che chiede la prova tv per Stefàno, il presidente (vendoliano) della Giunta che ha già votato la decadenza, perché «ha ampiamente dimostrato di non essere super partes scambiando sguardi d'intesa con il presidente del gruppo Pd Zanda al termine del proprio intervento!».

Non è bastato l'invito a stare calmi fatto da Berlusconi nella riunione coi senatori. Razzi (ormai una celebrità per l'imitazione di Crozza, «devo chiedergli i diritti!») racconta qualche retroscena: «Mi ha salutato con affetto, “ecco il grande Razzi!”, scherzava, ci ha detto di portargli le arance quando sarà a San Vittore. Ha raccontato anche due o tre barzellette. Ci ha detto anche di non attaccare quelli di Alfano, e di stare tranquilli perché lui non ha paura di niente». Detto di Razzi, tocca a Scilipoti, che brandisce, dopo l'intervento del capogruppo Pd, un cartello con l'articolo 113 del regolamento del Senato («Sono effettuate a scrutinio segreto le votazioni comunque riguardanti persone»), prima che i commessi glielo strappino di mano. Dai banchi di Forza Italia viene contestato duramente il presidente Grasso («prendi ordini dal Pd!»), che respinge al mittente tutte le richieste di far votare a scrutinio segreto. Contestata anche la montiana Lanzillotta, voto decisivo per far prevalere in Giunta la decadenza, e poi urla contro la capogruppo M5S Taverna, quando parla della «storia criminale» di Berlusconi. «Ignorante! Parla del pregiudicato Grillo!» strepitano dai banchi del centrodestra. Poi un'orda di interventi e ordini del giorno, tutti bocciati.

Finché la ghigliottina scatta.

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