Il papà vuole cambiare sesso e il figlio adolescente si uccide

MilanoUna tragedia inizia solitamente da una storia all'apparenza normalissima che poi rivela tanti, troppi lati oscuri e spesso drammatici. Vicende che lasciano senza parole, senza commenti. E davanti alle quali proviamo solo un grande senso d'impotenza. Ne è un esempio quel che è capitato a Giacomo (il nome è di fantasia), 19 anni, un ragazzo che si è tolto la vita due settimane fa in provincia di Milano e sul quale vogliamo restare vaghi proprio per non urtare la sensibilità di chi lo ha amato e ora, forse, s'incolpa della sua fine.
Giacomo viveva una situazione famigliare difficile, ma oggi comune a tanti giovani. Il suo personalissimo panorama privato non era diverso da quello di molti coetanei. O almeno così sembrava. I genitori separati, la madre a Roma con un nuovo compagno, il padre residente in provincia di Milano. E lui, figlio unico della coppia, che decide di lasciare la capitale e di venire al nord, a vivere con il papà, nello stesso appartamento. E di mettersi a lavorare, senza disdegnare occupazioni non proprio prestigiose, come i lavoretti saltuari offertigli da una cooperativa.
L'esistenza va avanti, il tran tran di tutti i giorni continua, inesorabile. E la convivenza tra padre e figlio, che forse quest'ultimo sperava «leggera», si rivela invece sempre più complicata, costellata di discussioni pesanti, parole grosse, porte sbattute. In realtà è Giacomo a trovare sempre il pretesto per litigare: quel figlio non si dà pace, non riesce a capire il vero motivo, la ragione, per cui la sua mamma e il suo papà, dopo tanti anni, abbiano deciso di lasciarsi, di dividere le loro strade in maniera definitiva. Nel palazzo alcuni inquilini li sentono litigare. Frammenti di alterchi dai quali s'intuisce che al ragazzo, quella separazione, non solo non va giù. Ma, più continua la convivenza col padre, più il giovane s'intestardisce che è stato lui, il genitore, a creare quella frattura insanabile.
Poi circa due settimane fa tutto precipita, all'improvviso e nella maniera più tragica. Dopo una discussione con il padre durata quasi fino a mezzanotte, il figlio sbatte la porta di casa e se ne va. Non vi farà più ritorno. Complice la notte, infatti, il ragazzo, in preda alla disperazione ma anche lucidissimo, raggiunge una località periferica non lontana da casa, parcheggia la sua auto, si arrampica a un'altezza di circa 15 metri, davanti a una struttura pubblica all'aperto e si lancia nel vuoto, precipitando sull'asfalto dove muore sul colpo. Il cadavere verrà ritrovato solo la mattina successiva proprio dai custodi della struttura che segnalano il corpo senza vita di quel ragazzo sull'asfalto ai carabinieri.
In un primo tempo si pensa addirittura a un omicidio. E infatti sul posto arrivano i militari del nucleo investigativo di Milano. Poi, fatti i rilievi, ogni dubbio scompare: si tratta di un suicidio. Quel giovane si è tolto la vita volontariamente, nessuno l'ha fatto salire là sopra, l'ha spinto o cose del genere.
La certezza assoluta che si tratti di una fine cercata e voluta la fornisce la testimonianza del padre. Prostrato dal dolore l'uomo, accompagnato in caserma, racconta ai carabinieri una storia dolorosissima e pazzesca, che probabilmente gli lascerà un peso opprimente sulla coscienza fino alla fine dei suoi giorni. La sera prima aveva litigato con il figlio proprio perché, dietro le pressanti insistenze di Giacomo, gli aveva rivelato il reale motivo del naufragio del suo matrimonio. «Io e la mamma ci siamo lasciati ma la colpa è in gran parte mia. Anzi, solo mia: sto per cambiare sesso, voglio diventare una donna».


I militari lo ascoltano attoniti. Il pubblico ministero che si occupa del suicidio di Giacomo abbassa lo sguardo e chiude il fascicolo. Nessun commenta. Solo l'immensa, smisurata disperazione di un padre che s'incolpa di aver «ucciso» suo figlio.

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