Il Papa maledice il potere «È un inciampo alla fede»

Il Papa maledice il potere «È un inciampo alla fede»

«Quando lasciamo prevalere i nostri pensieri, i nostri sentimenti, la logica del potere umano e non ci lasciamo istruire e guidare dalla fede, da Dio, diventiamo pietra d'inciampo». All'indomani dell'arresto di monsignor Nunzio Scarano, il prelato dipendente del Vaticano finito in manette nell'ambito di un filone autonomo dell'inchiesta sullo Ior, il Papa in San Pietro ha imposto il pallio a trentaquattro nuovi arcivescovi metropoliti di tutto il mondo per la festa dei Santi Pietro e Paolo e ha lanciato un nuovo monito sul rischio di lasciar prevalere il potere sulla fede in Cristo. Parole che son sembrate un riferimento chiaro alla vicenda del sacerdote salernitano, ex dipendente della Deutsche Bank prima di diventare prete, che ha passato la seconda notte in carcere a Roma. Dalla finestra del suo studio del Palazzo Apostolico, Francesco, prima della recita dell'Angelus ieri mattina ha voluto ribadire il concetto: «La Chiesa di Roma è diventata, subito, spontaneamente, il punto di riferimento per tutte le chiese sparse nel mondo, non per il potere dell'impero, ma per la forza del martirio, della testimonianza resa a Cristo!». Ancora un messaggio forte che è risuonato in una Piazza San Pietro gremita di fedeli e che è stato chiaramente recepito da chi, in queste ore nelle stanze vaticane, non dorme più sonni così tranquilli.
Papa Francesco, nella sua omelia in basilica, ha voluto affrontare quindi, ancora una volta, il tema del potere che danneggia gli uomini, denunciando il «pensare in modo mondano» e chiedendo a gran voce di «superare sempre ogni conflitto che ferisce il corpo della Chiesa». Accanto a Bergoglio, per assisterlo durante la celebrazione, come cardinale diacono c'era (oltre a Robert Sarah) anche il presidente dell'Apsa, Domenico Calcagno. Il porporato già da diversi giorni aveva confermato l'impegno a svolgere assistenza al Pontefice durante la messa ma la sua presenza al fianco di Francesco, il giorno dopo l'arresto di Monsignor Scarano (ex dipendente dell'Apsa), è suonata a tutti come una manifestazione di fiducia e sostegno da parte del Papa al cardinale piemontese, che, oltre a far parte della Commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior, dal luglio 2011 presiede appunto l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Nella struttura pontificia lavorava fino a un mese fa, prima di esser sospeso in via cautelativa, Don Scarano, con l'incarico di responsabile della contabilità analitica della sezione straordinaria.
Dopo l'arresto della Guardia di Finanza su ordine della Procura di Roma, adesso toccherà alla magistratura capire quali siano le responsabilità del prelato con il pallino per le operazioni immobiliari e titolare di ben due conti allo Ior, l'Istituto per le Opere di Religione. Da uno dei due conti correnti, nel 2009, sarebbero usciti quasi 600 mila euro: il monsignore, raccontano i magistrati, era, infatti, molto pratico nel gestire ingenti quantità di denaro. Ma, da tempo, le sue transazioni finanziarie erano tenute d'occhio dall'Aif, l'Autorità d'Informazione finanziaria, l'organismo di vigilanza d'Oltretevere sullo Ior, nato nel 2010 e presieduto dal cardinale Attilio Nicora.

E così quando le Fiamme gialle hanno bussato alla porta del monsignore sessantenne, indagato oltre che da quella di Roma anche dalla procura di Salerno per accuse relative sempre a movimenti di denaro, le manette ai polsi del sacerdote son scattate questa volta senza alcun intoppo: il Vaticano, infatti, sospendendo il prelato da ogni incarico già i primi di giugno, non si è avvalso, com'era successo per monsignor Marcinkus negli anni '80, degli articoli 10 e 11 del Trattato Lateranense che esentano da «ingerenze dello Stato Italiano» e prevedono l'immunità per «dignitari e funzionari di ruolo della Santa Sede».

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