Guerra in Ucraina

Papa-Zelensky, colloquio sulla pace. "Ma le condizioni le decidiamo a Kiev"

Incontro di 40 minuti. Il presidente ucraino: "Non c’è parità tra vittima e aggressore"

Papa-Zelensky, colloquio sulla pace. "Ma le condizioni le decidiamo a Kiev"

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Il corteo del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, varca l'Arco delle Campane in Vaticano alle 16,08. Il picchetto d'onore è già schierato. Il presidente, felpa nera con lo stemma del tridente ucraino e pantaloni verde militare, viene accolto da monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia. Pochi minuti dopo, Zelensky entra nello studio privato di Papa Francesco, che lo attende nella stanza adiacente all'Aula Paolo VI. «Grazie per questa visita», esordisce Bergoglio stringendo la mano a Zelensky. «È un onore», ribatte - in inglese - il presidente ucraino. Quello tra Francesco e Zelensky è forse l'incontro più importante della visita lampo del presidente a Roma. E sul quale si sono riposte le attese maggiori. Si gioca la partita della pace. Bergoglio può diventare davvero il mediatore della trattativa di pace. Le posizioni dei due restano comunque ferme. Zelensky ribadisce con forza i suoi punti da cui non intende discostarsi: la distinzione tra aggressore e aggredito e il fatto che la guerra si tiene in Ucraina e la trattativa va gestita da Kiev. Il Papa, da parte sua, rinnova i suoi appelli, esortando il presidente ucraino a tendere la mano e seguire la strada del negoziato. Francesco e Zelensky hanno affrontato «la situazione umanitaria e politica dell'Ucraina provocata dalla guerra in corso», ha riferito in serata la sala stampa della Santa Sede. Il Pontefice «ha assicurato la sua preghiera costante, testimoniata dai suoi tanti appelli pubblici e dall'invocazione continua al Signore per la pace, fin dal febbraio dello scorso anno. Entrambi hanno convenuto sulla necessità di continuare gli sforzi umanitari a sostegno della popolazione». Bergoglio, prosegue la nota, «ha sottolineato in particolare la necessità urgente di gesti di umanità nei confronti delle persone più fragili, vittime innocenti del conflitto». Significativi anche i doni scambiati dai due, tutti incentrati sul tema della pace. Bergoglio regala al suo ospite una fusione in bronzo di un fiore che nasce con la scritta «La pace è un fiore fragile», il testo del suo Messaggio per la pace di quest'anno, il Documento sulla fratellanza umana e una copia del libro sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020 e infine il volume «Un'Enciclica sulla pace in Ucraina» che contiene tutti i suoi innumerevoli discorsi e appelli sulla pace in Ucraina. Zelensky ha ricambiato regalando al Papa un'opera d'arte ricavata da una piastra antiproiettile ed un quadro intitolato «Perdita», sull'uccisione dei bambini durante il conflitto. Poi il tweet di Zelensky, per chiarire - se ce ne fosse ancora bisogno - la propria posizione. «Ho incontrato Papa Francesco. Gli sono grato per la sua personale attenzione alla tragedia di milioni di ucraini, e ha anche sottolineato le decine di migliaia di bambini deportati: dobbiamo fare ogni sforzo per riportarli a casa. Ho chiesto al Papa di condannare i crimini russi in Ucraina, perché non ci può essere uguaglianza tra la vittima e l'aggressore. Ha anche parlato della nostra formula di pace come unico algoritmo efficace per raggiungere una pace giusta e si è offerto di partecipare alla sua attuazione». Altri dettagli (e forse ancora qualche distinguo) sull'incontro privato tra Francesco e Zelensky sono emersi dall'intervista che il presidente ucraino ha concesso a Bruno Vespa, durante uno speciale Porta a Porta. «Per me è stato un onore incontrare Sua Santità, però lui conosce la mia posizione: la guerra è in Ucraina e il piano di pace deve essere ucraino ha puntualizzato -. Siamo molto interessati a coinvolgere il Vaticano e l'Italia nella nostra Formula di pace». E ancora: «Ho chiesto al Papa di fare pressione sulla Federazione russa per il ritorno di 20mila bambini ucraini deportati in Russia». Come a dire: bene gli appelli alla pace, ma serve pressione su Mosca.

E il negoziato lo porta avanti Kiev.

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