Politica

Il parere di Giorgio Spangher

Ecco il testo integrale del parere pro-veritate di Giorgio Spangher, ordinario di Procedura penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza

Sono richiesto di un parere pro-veritate in ordine all’applicabilità del d. lgs. n. 235 del 2012 ad un senatore condannato con sentenza irrevocabile per il reato di frode fiscale alla pena di anni quattro, di cui tre coperti da indulto, e pena accessoria annullata con rinvio per una nuova determinazione.

A tale proposito, il sottoscritto Prof. Giorgio Spangher, ordinario di Procedura penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma, La Sapienza rende il seguente parere pro-veritate.

Si tratta di definire la natura delle previsioni che in materia sono delineate nel d. lgs. n. 235 del 2012.

1.Il d. lgs. n. 235 del 2012, com’è noto, è estrinsecazione della legge delega n. 190 del 2012 dove la materia è disciplinata dai commi 63 e 64.

In particolare, con riferimento all’ineleggibilità operano le lett. da a) a l) del comma 64, mentre per la sospensione e la decadenza si deve far riferimento alla lett. m) del medesimo comma.

Sotto questa prospettiva, si individuano forti perplessità sull’inquadrabilità della situazione oggetto del parere –connesso al sopravvenire di una sentenza di condanna- nel contesto della citata lett. m del comma 64. Al di là del generico –e poco significativo, pertanto - richiamo ai soggetti di cui al comma 63, inducono ad una conclusione in tal senso i riferimenti alla “sospensione” ed alla “decadenza di diritto”.

Se così fosse, la previsione risulterebbe in contrasto con quanto disposto dall’art. 66 Cost., in forza del quale spetta alla Camera di appartenenza giudicare sui titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.

In altri termini, la legge delega sarebbe viziata da illegittimità costituzionale.

Sotto il profilo della legittimità costituzionale della previsione, dubbi non manifestamente infondati si prospettano anche relativamente alla indeterminatezza dei reati condizionanti la sospensione e la decadenza di diritto (condanna per delitti non colposi).

Non casualmente le previsioni di attuazione della legge-delega in relazione alla sospensione ed alla decadenza di diritto non riguardano i parlamentari.

Se, come si è affermato, la lett. m) del comma 64 non si riferisce ai parlamentari, allora mancando una previsione nella delega in punto di “decadenza” sopravvenuta – ferme le previsioni precedenti in punto di ineleggibilità – le disposizioni della l n. 190 del 2012 in materia non avrebbero la copertura della legge di delegazione, con conseguente prospettazione di una questione di legittimità costituzionale.

2. La legge-delega distingue nettamente –e ragionevolmente, considerata l’intervenuta investitura elettorale- le ipotesi di ineleggibilità e quelle di decadenza, riconducendo queste ultime alle situazioni di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all’affidamento della carica.

Nel fissare i presupposti della decadenza, il d. lgs. n. 235 del 2012 li ancora a quelli operanti per l’ineleggibilità.

Al riguardo, la legge delega e la legge delegata fanno riferimento ad elementi di diritto penale sostanziale e processuale.

Si richiamano le disposizioni relative alle misure interdittive, perpetue o temporanee; alle soglie di pena; alle sentenze di condanna definitive o passate in giudicato; alle decisioni di patteggiamento; alla riabilitazione.

Il quadro è delineato a tre livelli.

In primo luogo, operano le previsioni dell’interdizione perpetua, le cui disposizioni –in linea con la lett. a) della legge-delega –sono fatte salve.

In secondo luogo, si considerano le situazioni di cui all’interdizione temporanea (lett. e della legge-delega).

Al riguardo, l’art. 13, comma 1 del d. lgs. 235 del 2012 prevede che l’incandidabilità (e la decadenza) in presenza della pena accessoria duri il doppio della durata di quest’ultima. In altri termini, limitatamente a questo effetto della pena accessoria, il d. lgs. ne raddoppia i tempi e gli effetti. Appare difficile sostenere che gli effetti protratti non partecipino della stessa natura di quelli pregressi.

Il dato trova ulteriore conferma nel caso in cui manchi la misura interdittiva temporanea. In questa eventualità, limitatamente al fine dell’incandidabilità (e della decadenza ) il d. lgs. n. 235 del 2012 ne costituisce gli effetti, i medesimi effetti, cioè, della misura interdittiva e ne fissa l’ulteriore durata. Si tratta –seppur in attesa della decisione dei giudici di rinvio- della situazione di cui al presente parere.

In altri termini, nel caso qui considerato è solo la previsione del d. lgs. n. 235 del 2012 che fa scattare la condizione di decadenza. Negli altri casi la decadenza è conseguenza della pena accessoria. Si può conseguentemente affermare che, in questo caso, la l. n. 190 determina una vera e propria pena accessoria, con conseguente omologazione di soggetti con pena accessoria e senza pena accessoria. Appare difficile ritenere che si tratti –stante l’omogeneità dei contenuti- di tema estraneo alla materia penalistica e sanzionatoria.

Il dato trova preciso e puntuale riscontro –non potrebbe essere altrimenti- nel richiamo alla riabilitazione –quale unica condizione per l’estinzione anticipata della sanzione- che opera per le pene accessorie e per gli altri effetti penali della sentenza.

Quanto affermato trova preciso riscontro con riferimento alla sentenza di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. (non si tratta, all’evidenza, del cd. patteggiamento allargato).

Poiché al patteggiamento de quo non si applicano le pene accessorie, per queste sentenze opererebbe solo il d- lgs. n. 235 del 2012.

Al riguardo, si prevede che per l’incandidabilità operino solo i patteggiamenti pronunciati successivamente all’entrata in vigore della legge.

La ragione è intuibile: essendo la sentenza di patteggiamento equiparata ad una sentenza di condanna, il soggetto patteggiante ignorerebbe l’effetto penale che il d. lgs. attribuirà al suo accordo.

Invece, i patteggiamenti successivi –per tabulas- opereranno sia per l’ineleggibilità, sia, se sopravvenuti, all’ assegnazione della carica, per la decadenza.

Nel definire la natura della sanzione, soccorre la circolare del Ministro degli Interni (n. 4/98 del 25.11.1998, – l. n. 16/92. Applicazione della pena su richiesta delle parti. Causa estintiva ex art. 445 c.p.p. Gazzetta Ufficiale 7.12.1998 n. 286)- la quale –con chiarezza- attribuisce nel 1998 alla misura de qua almeno il carattere di un effetto penale della sentenza. Infatti, il provvedimento ministeriale mette in evidenza come il comportamento del patteggiante per il tempo di cui al comma 2 dell’art. 445 c.p.p. determini effetti estintivi dell’ineleggibilità, anche più ampi (estinzione del reato) rispetto alla riabilitazione.

La natura penale della sanzione, già deducibile dal richiamo alla riabilitazione, fa ricadere la situazione qui considerata nel raggio di operatività dell’art. 25, comma 2 Cost. e dell’art. 2 c.p.

, con conseguente irretroattività del riferito regime sanzionatorio.

 

Commenti