Parola di presidente: il Cav è presentabile. Via alle larghe intese

Napolitano sferza il Pd che non è riuscito a governare nonostante la vittoria: "Fare alleanze non è un orrore"

Parola di presidente: il Cav è presentabile. Via alle larghe intese

Roma - Pd e Pdl insieme al governo. Senza gridare allo scandalo perché «la convergenza tra forze politiche diverse» in questo frangente politico non è soltanto necessaria ma desiderabile. Altra soluzione non c'è. Altrimenti si dovrà prendere «atto dell'ingovernabilità» e tornare alle urne. Ma non è questo il finale auspicato dal due volte presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che invece ha detto sì al secondo mandato «perché l'Italia si desse nei prossimi giorni il governo di cui ha bisogno». Ovvero un governo di larghe intese che è la migliore soluzione possibile e non un segno di decadenza. Anzi, dice Napolitano, «il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse» è «segno di una regressione, di un diffondersi dell'idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica».

In un lungo e accorato discorso, durante il quale la sua voce spesso si incrina, una volta fino alla lacrime, questo «grande vecchio» sferza i partiti, e li mette con le spalle al muro. I giudizi più taglienti li riserva proprio al suo partito di provenienza, al Pd di Pier Luigi Bersani che ha vinto «sul filo del rasoio» il premio previsto dalla legge elettorale ma non è riuscito «a governare una simile sovrarappresentanza in Parlamento». Ed è evidente che il presidente pensa alla penosa figura fatta da Bersani e un Pd che non è rimasto unito neppure per votare i propri candidati, prima Franco Marini e poi Romano Prodi. Quindi di fronte all' «avvitarsi del Parlamento in seduta comune nell'inconcludenza, nella impotenza ad adempiere al supremo compito costituzionale dell'elezione del Capo dello Stato», Napolitano ha ritenuto di dover accogliere la richiesta di ricandidarsi per «un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del paese».

La legge elettorale certamente va cambiata. Anzi la mancata riforma è «imperdonabile» ma intanto occorre «fare i conti con la realtà delle forze in campo». Ed i risultati elettorali dicono una cosa chiara: «non c'è partito o coalizione che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sue sole forze». L'allusione a Bersani e alla sua ostinazione a procedere a testa bassa come se avesse vinto le elezioni per poi andare a sbattere è piuttosto evidente. Dopo «un paio di decenni di contrapposizione, fino allo smarrimento dell'idea stessa di convivenza civile» ora è «il tempo della maturità per la ricerca di soluzioni di governo condivise quando se ne imponga la necessità». Napolitano dunque accetta «il calice» e si offre come «fattore di coagulazione» ma tutti a questo punto devono prendersi precise responsabilità. Quali? Il cammino del prossimo governo è segnato chiaramente nella relazione dei saggi. Non un lavoro inutile come qualcuno ha detto nelle settimane scorse ma un programma serio e concreto per «affrontare la recessione e cogliere le opportunità, creare e sostenere il lavoro, potenziare l'istruzione ed il capitale umano, favorire la ricerca l'innovazione e la crescita delle imprese». Poi un'altra bacchettata al Pd perché «qualunque patto si sia stretto con i propri elettori» non si possono non fare i conti con i risultati delle elezioni che «indicano tassativamente» la necessità di intesa tra forze diverse. Ciascuno dovrà rinunciare a qualcosa «per dare soluzioni condivise a problemi di comune responsabilità istituzionale».
Attenzione però, i partiti non sono superati come «forme di organizzazione politica» come vorrebbe Beppe Grillo. Napolitano apprezza l'impegno del Movimento5stelle nelle sedi istituzionali ma condanna la volontà di «contrapposizione tra piazza e Parlamento» più volte manifestata dai grillini.

Sono state distrutte ieri nell'aula bunker dell'Ucciardone a Palermo le intercettazioni delle telefonate tra l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, eseguite dalla Procura di Palermo nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia.

Erano presenti il Gip Riccardo Ricciardi, che aveva disposto mesi fa la distruzione a seguito della decisione della Corte costituzionale sul confrlitto di attribuzioni sollevato dal Quirinale, un cancelliere e il tecnico che ha materialmente cancellato i file audio. Secondo la Cassazione è stato così sanato «un vulnus costituzionalmente rilevante».

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