Saranno pure arancioni, ma quel colore, troppo pallido, potrebbe già andare in soffitta. Quelli del Quarto polo hanno in testa una parola d'ordine che la dice lunga sulle loro intenzioni: «vendetta». Che è poi la variante postmoderna di un vocabolo usurato come «rivoluzione». Si discute in questi giorni, mentre Antonio Ingroia sta per sciogliere i dubbi sulla sua candidatura, sul simbolo della lista che si presenterà alle prossime elezioni. E ieri il Fatto Quotidiano ha svelato che l'icona del movimento potrebbe diventare, nientemeno, Guy Fawkes, il bombarolo inglese che nel 1605 tentò di far saltare in aria il parlamento inglese ma fu catturato e squartato. Il volto affilato e beffardo di Guy - ridisegnato negli anni Ottanta da Alan Moore e David Lloyd, autori di una celeberrima graphic novel - potrebbe diventare l'immagine vincente del Quarto polo sotto la scritta «V per vendetta».
Qualche anno fa, forse, si sarebbe puntato su un classico come Che Guevara, l'usato sicuro, ma oggi la sinistra radicale stravede per i baffi, gli zigomi rubizzi e l'espressione quasi diabolica di Fawkes.
E mastica parole come «rivolta, rivoluzione, vendetta». Del resto c'è la crisi e gli scontenti, gli antagonisti, il Popolo viola soffiano sul fuoco dell'indignazione. Guy Fawkes è un passepartout universale. Piace agli indignados spagnoli, piace a Occupy Wall Street, perfino a un corsaro del web come Julian Assange. E allora potrebbe soppiantare l'arancione che ha un retrogusto pacifista e, temono evidentemente i promotori, porta in dote qualche sbadiglio. Meglio l'adrenalina, meglio il mito della lotta al potere, meglio l'attentato che fallì per un soffio perché il re Giacomo I e i parlamentari se la cavarono per miracolo.
La storia cammina e non si volta mai indietro, ma la faccia di Fawkes sembra adatta a questa stagione in cui la pancia è mezza vuota e la voglia di rottamare tutto il Palazzo con i suoi inquilini è alta. Ingroia parlerà venerdì, di ritorno dal Guatemala, al teatro Capranica di Roma e lì potrebbe ufficializzare la sua corsa per la premiership. Ieri in ogni caso, il Csm gli ha sgombrato a razzo la strada concedendogli l'ok all'aspettativa all'unanimità, con l'astensione del vicepresidente Michele Vietti. «L'autorizzazione dell'aspettativa - commenta oggi Vietti - era un atto dovuto». Meno scontato era l'altro tema riguardante il magistrato siciliano all'ordine del giorno di Palazzo dei Marescialli: l'inserire oppure no nel suo fascicolo personale la bacchettata che il Csm gli aveva assestato per la partecipazione al congresso dei Comunisti italiani. Alla fine per nove a sette ha vinto il partito pro Ingroia: la censura finirà in qualche archivio polveroso.
Dunque l'ex pm può tornare serenamente in Italia. La sua idea è appunto quella di allargare il movimento, ben oltre il recinto arancione. Il magistrato siciliano vuole di fatto creare una lista civica per la legalità, che non abbia solo un ruolo di pura testimonianza. Per ora ad attenderlo ci sono Moni Ovadia, Margherita Hack, Fiorella Mannoia, Gino Strada, Vauro. Le diverse anime del raggruppamento, sempre a rischio esplosione, si confronteranno, poi si vedrà. Per ora, in una nota congiunta, Ingroia e il sindaco di Napoli Luigi De Magistris sottolineano l'importanza della «sfida». E spiegano che il Paese «merita una strada alternativa sia al berlusconismo che al montismo».
Ritornano i baffi irridenti, vagamente alla Dalì, di Guy Fawkes, i baffi anarchici che parlano alle nuove generazioni e ai tanti movimenti di protesta, come i No Tav, che ribollono. E aspettano un cenno, fra dialogo e protesta.
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