Partito nel caos, il piano di Berlusconi

Partito nel caos, il piano di Berlusconi

nostro inviato a Bruxelles

«Qui salta tutto». La mattinata romana, prima della trasferta al Ppe, non è delle migliori se tutti i dirigenti del Pdl passati per Palazzo Grazioli (da Alfano a La Russa, fino al dimissionario Bondi), dopo essersi fatti andare per traverso la colazione con la mattutina lettura dei giornali, sono piuttosto chiari nel dire a Berlusconi che «lo stillicidio va fermato altrimenti non ci sarà più alcun partito né da spacchettare né da allargare ai moderati» perché «saremo tutti morti». Non solo Repubblica, ma anche quotidiani come il Giornale e Libero sostengono che il Cavaliere sia pronto ad azzerare il partito. «Non è possibile che ci stiano ammazzando perfino i giornali che ci dovrebbero sostenere». Berlusconi ascolta, prende le distanze, magari ripensa ai tempi a cui a lamentarsi de il Giornale era Gianfranco Fini e poi - nonostante i suoi dubbi li abbia davvero - assicura che il Pdl «non è in discussione».
Ma il caos è sovrano e l’insofferenza tanta e c’è bisogno di dare un segnale. Perché sono in molti a sapere che il Cavaliere delle perplessità le ha e che la strada futura non è ancora decisa. A consigliarlo alla prudenza sono anche Paolo Bonaiuti e Gianni Letta, così lasciando Roma l’ex premier spiega che le dimissioni di Bondi sono state respinte ma alla domanda sullo spacchettamento del partito replica che non ha intenzione di dire altro. Ha in mente un altro predellino? «Al massimo uno sgambetto».
Nella lunga giornata, però, cambia qualcosa nelle ore di volo che lo separano da Bruxelles. Appena atterrato si consegna ai giornalisti. E, di fatto, sposa la linea di Alfano. «Non c’è nulla all’interno del partito che corrisponda alla situazione dipinta da Repubblica, che sappiamo essere un giornale ostile». Si limita a citare il quotidiano di Largo Fochetti, ma è un modo per dare un segnale anche ai tanti che nel partito si lamentano dei «giornali d’area». «Ma Berlusconi resterà in campo?», chiede un giornalista. «Questo me lo domando anche io», risponde il Cavaliere con un sorriso. Più tardi si spiegherà meglio: «Non mi ricandiderò premier». Con buona pace di chi aveva pensato (o sperato) che Berlusconi avesse ipotizzato una sua dipartita ad Antigua. Cosa che, chi lo conosce bene, tende ad escludere categoricamente. «Avrà sempre un ruolo di rilievo, magari da padre nobile», spiega Bonaiuti.
Si passa al Pdl e anche qui il Cavaliere frena: «Stiamo ragionando sul da farsi». Solo una battuta su Grillo: «È figlio dell’antipolitica. È una bolla che dà un segnale a chi fa politica». Infine un passaggio su Montezemolo: «L’ho visto una sola volta ma non può stare che con i moderati». Si torna al partito, il vero dente che duole. E Berlusconi spiega che si sta «definendo nei particolari la nuova proposta politica che sarà presto pronta». E il termine «definire» è un eufemismo se per la serata è già in programma un lungo chiarimento notturno con Alfano. L’ex premier accenna però a «un progetto di rinnovamento dell’assetto istituzionale» che consisterà in una riforma della Carta con annessa nuova legge elettorale. Addirittura c’è chi parla di presidenzialismo alla francese oppure di doppio turno e significativo rafforzamento dei poteri del premier. A Palazzo Grazioli si va avanti fino a notte fonda e l’idea potrebbe essere quella di proporre al Pd una riforma elettorale «gradita» in cambio della riforma istituzionale cara al Pdl.
Con le elezioni a marzo 2013, è quasi impossibile ci siano i tempi tecnici che per una simile rivoluzione. Senza contare che ai piani alti di via dell’Umiltà più d’uno pensa che questo sia un modo per «congelare» il dibattito sul futuro del Pdl e prendere tempo. Anche in attesa di capire cosa vogliono fare Montezemolo e Casini. Del leader Udc Berluconi parla anche al presidente e al capogruppo del Ppe, Martens e Daul.

Accompagnato da Mauro, presidente dei deputati Pdl all’Europarlamento che lo aveva debitamente avvertito di quanto rumore avesse fatto anche a Bruxelles i giornali italiani, il Cavaliere ha spiegato che la ragione della sconfitta sta nel fatto che «i moderati sono andati divisi» e li ha invitati a portare Casini «su posizioni più ragionevoli in vista del futuro».

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