Roma - Di soldi freschi per lo sviluppo non ce ne sono. Il ministro dello Sviluppo Corrado Passera ieri ha parlato di «100 miliardi di interventi anche nel breve e nel medio periodo», ma si riferiva a risorse messe in circolo da interventi già approvati o da approvare, comunque neutri dal punto di vista dei conti pubblici.
Unici margini di manovra che il responsabile dello Sviluppo economico si è dato nel campo minato della finanza pubblica, sono 700 milioni per gli incentivi, che dovrebbero arrivare dalla spending review, la riduzione delle accise sui carburanti dopo i recenti aumenti e infine il ritorno dell’Iva al livello attuale, cioè al 21%, dopo l’aumento di ottobre che porterà l’aliquota ordinaria al 23%.
Le priorità del governo sono quelle dettate da Mario Monti, quindi rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, in particolare il pareggio entro il 2013, rassicurazioni ai mercati sull’affidabilità del Paese. Il grosso dei piani per la crescita è appunto legato a quei 100 miliardi che saranno rimessi in circolo dal governo.
Nel dettaglio, 30 miliardi dell’accordo con le banche sul credito alle imprese. I 20 miliardi del fondo di garanzia dello Stato, rifinanziato per 400 milioni all’anno. Poi le infrastrutture con 42,4 miliardi di opere pubbliche, 22,5 già stanziati dal Cipe e altri 20 miliardi in arrivo, destinati soprattutto a fare ripartire opere pubbliche bloccate e per dare nuova benzina al piano casa del governo Berlusconi. Sei miliardi sbloccati per pagare i debito dello Stato verso le imprese, poi crescita dimensionale imprese e defiscalizzazione del lavoro per tre miliardi in tre anni.
Uniche risorse aggiuntive rispetto a quelle stanziate andranno al capitolo incentivi, quello che sta più a cuore al dicastero per lo Sviluppo. L’obiettivo di Passera è «ridisegnare i meccanismi di incentivazione e di politica economica per incoraggiare comportamenti aziendali tesi alla crescita e all’occupazione».
Il piano è ancora allo studio e si concretizzerà in un decreto legislativo che sposterà risorse dagli incentivi discrezionali a quelli automatici. Più all’internazionalizzazione e alla ricerca (che ora sono capitoli marginali), meno per incentivi a fondo perduto.
In particolare è quasi pronto un credito di imposta per la ricerca, che assorbirà la gran parte dei 700 milioni di euro del piano Passera. Se e quando arriveranno, perché la copertura arriverà dai tagli alla spesa. «Spending review - ha spiegato ieri il ministro - vuol dire riduzione ma anche aumento, in certi campi che fanno futuro, innovazione, ricerca, accompagnamento delle aziende e sostegno alle esportazioni». Partita per nulla scontata, visto che il come utilizzare le risorse liberate dai tagli alle spese è stretta competenza di Mario Monti e nei piani del premier, soprattutto con gli interessi di nuovo in crescita, non ci sono tesoretti, solo deficit da correggere.
Ancora più impegnativo il tentativo di Passera di fare tornare indietro di un po’ la pressione fiscale nei capitoli che colpiscono le aziende e quindi la capacità del Paese di creare ricchezza. Giorni fa il ministro ha accennato alle accise che potrebbero tornare ai livelli pre Monti anche con i proventi della lotta all’evasione. Ma c’è anche l’aumento autunnale dell’Iva al 23 per cento, che il ministro vorrebbe o evitare o fare tornare entro qualche mese ai livelli attuali. Più che un nuovo incentivo, un disincentivo da cancellare il prima possibile, per non penalizzare i consumi.
Sfide difficilissime. La crescita può dipendere solo marginalmente dalle scelte della politica. Ma Passera, che ieri era al Salone del mobile di Milano, tenta anche la carta dell’ottimismo.
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