La paura dei renziani: restare orfani nel Pd

RomaL'aveva detto prima e dopo la sconfitta: non sarò un capocorrente. Voleva vincere, e vincere da perdente significa non creare un manipolo di seguaci, ma lavorare al fianco di chi l'ha battuto. Il pensiero di Matteo Renzi ha una sua coerenza che lo stesso sindaco rivendica: «Sono pronto a fare la campagna elettorale nelle forme che Bersani riterrà più opportune - spiega -. Se avrà voglia e desiderio di coinvolgermi, sono a disposizione».
Il problema è che tutti i parlamentari che hanno creduto in lui e che hanno affrontato le primarie del Pd come «renziani», giovani, o comunque controcorrente, ora si trovano in mano una lancia spuntata. Dovranno correre con le proprie gambe.
Chi ha vinto nelle sfide interne per i posti da parlamentare non potrà usufruire dell'onda lunga del renzismo, perché il sindaco ribadisce che non saranno presentate liste con il suo nome, neppure al Senato: «È un'ipotesi che non esiste». O Pd o niente. Chi ha perso invece frigge, lamenta un'assenza pressoché totale dell'intraprendente sfidante di Bersani nella campagna per le primarie parlamentari. Renzi, l'accusa, non ha sostenuto i «suoi». E questa potrebbe essere una delle cause di un mancato rinnovamento vero del partito: sono circa una cinquantina i renziani con la candidatura sicura, ma alla fine quasi tutti i vecchi volti noti del Pd potranno riproporsi alle elezioni, niente è cambiato.
Il perché del suo comportamento lo spiega il sindaco in un colloquio con Repubblica: «Se avessi vinto io avrei fatto quello che volevo io, adesso invece seguo la linea tracciata da Bersani. L'ho deciso da solo, non cedendo alle lusinghe che mi sono venute da più parti. Non sarò mai il capo di una corrente minoritaria».
Eppure quella che doveva essere se non una corrente, un nucleo di rinascita nel Pd, ora si sente orfana. Con la lealtà a Bersani, Renzi nello stesso tempo non sostiene i suoi fratelli in battaglia: «Vedo i mie amici renziani passati a fil di spada», il commento a caldo di Mario Adinolfi, appena fuoriuscito dal Pd, grande simpatizzante di Renzi. E su Twitter già due giorni fa il fidato Giorgio Gori aveva attaccato il «silenzio del sindaco», che non si è speso per i suoi in queste primarie. Anche Andrea Sarubbi, deputato renziano doc, ha scritto su Twitter di condividere l'analisi di Gori.
Risposta di Renzi: «Capisco la sua amarezza (di Gori, ndr) ma chiedo lo stesso rispetto per la mia coerenza». Il renziano di punta in questo momento pare essere Matteo Richetti, già attivissimo nella campagna delle primarie anti-Bersani, candidato a Modena, dove ha ottenuto oltre 9.500 voti. Richetti ha battuto il segretario provinciale del partito, Davide Baruffi, che potrebbe dimettersi a ore. Sembra quindi davvero in grado di fare da solo. Come Roberto Giachetti, reduce da quattro mesi di sciopero della fame, riconfermato a Roma.
Il silenzio non è una fuga, la risposta di Renzi: «Non scappo affatto» ma «sono leale a Bersani, per questo motivo sono rimasto distante dalla scena pubblica dopo le primarie. Questo non significa che non abbia osservazioni da fare o che la mia battaglia per il rinnovamento sia finita. Sto rispettando quello che avevo assicurato ai miei elettori», ossia che «sarei rimasto un passo indietro».

Adinolfi considera le primarie parlamentari un'occasione persa, e conferma il pieno addio ai democratici: «Nel Pd ha vinto la conservazione Cgil-Fassina, i renziani vengono massacrati in primarie-farsa. Il vero riformista è Monti».

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