Pausini, il palco crolla Ma la morte fa notizia soltanto se c'è la star

Il tecnico si stava arrampicando quando la struttura ha ceduto. E scattano le polemiche. Jovanotti: "Serve più sicurezza"

Pausini, il palco crolla Ma la morte fa notizia soltanto se c'è la star

Non tutti i morti sul lavoro sono uguali. Non tutte le morti sul lavoro sono bianche allo stesso modo. Ci sono quelle più rumorose e quelle più silenziose. Quelle che innescano dei circuiti che coinvolgono tutti i media, dai social network su su fino ai talk show più modaioli. E ci sono quelle che vengono universalmente ignorate. Sottaciute. E coinvolgono appena la cerchia dei familiari del defunto. Magari se ne occupano i sindacati o qualche militante prontissimo a buttarla in politica, anzi in ideologia di classe. Ma ben presto vince il silenzio, senza che si riesca a imparare dagli errori. Quando c’è di mezzo il mondo dello spettacolo, quando c’è di mezzo il nome grosso, la star musicale che riempie gli stadi e i palazzetti, allora tutto cambia. Se ne parla, ci si interroga, arrivano i media nazionali e i servizi dei tg. La cassa di risonanza ha tutt’altro impatto sull’opinione pubblica.

Ieri mattina a Reggio Calabria è morto Matteo Armellini, 32 anni, di Roma. Dal 2009 lavorava come tecnico delle luci della cooperativa «Insieme» che produce eventi e che curava l’allestimento del palco per il concerto di Laura Pausini previsto in serata al Pala Calafiore. Altri due suoi colleghi sono rimasti feriti in modo non grave. Secondo i primi accertamenti, Matteo stava salendo sulla struttura quando è stato travolto dal crollo ed è stato colpito alla testa, rimanendo ucciso sul colpo. Laura Pausini è affranta: «Mi trovo in uno stato di confusione e di fragilità molto forti», ha scritto la cantante nel suo profilo di Facebook. «Mi sento impotente di fronte a questa perdita. Il nostro lutto è totale. E devastante». Sul sito ufficiale, al centro di una pagina bianca campeggia il saluto: «Ciao Matteo».

Quello che ha coinvolto Armellini è il secondo incidente in tre mesi a causare la morte di un operaio che lavora per i tour musicali. Il 12 dicembre scorso a Trieste ha perso la vita il diciannovenne Francesco Pinna mentre preparava l’allestimento del palco per il concerto di Jovanotti. Il quale, oltre all’esibizione della serata, sospese l’intera tournée. Proprio Jovanotti ieri è stato il primo a manifestare solidarietà alla Pausini e a sollecitare l’urgenza di «una discussione seria per migliorare il livello di sicurezza per gli addetti ai lavori e per il pubblico».

Sarà la volta buona? Purtroppo l’Italia è così: i morti sul lavoro finiscono sotto i riflettori quando cadono dal palco di una popstar. Non sono certo loro i responsabili delle condizioni di lavoro di questi ragazzi. Le cooperative per la produzione di eventi stipulano i contratti con i promoter delle tournée che percorrono il Paese da nord a sud. Spesso si devono montare palchi giganteschi in tempi strettissimi per ridurre i costi. A Reggio Calabria il rimpallo delle responsabilità tra la società organizzatrice del tour, la F&P Group, e l’amministrazione che gestisce il Pala Calafiore è già cominciato. E così, mentre come sempre accade, istituzioni e operatori si scaricano reciprocamente le responsabilità, l’Italia rimane agli ultimi posti per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Tanto che, ciclicamente, rischiamo la procedura d’infrazione europea. Anziché migliorare, le condizioni dei cantieri e la qualità dei mezzi di trasporto, continuano a peggiorare. Nel 2010 sono state 526 le vittime causate dal non rispetto delle norme di sicurezza.

Ma secondo l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering, nei primi dieci mesi del 2011 si è registrato un aumento del 24 per cento. Il coinvolgimento di Pausini e Jovanotti aiuterà ad affrontare la tragedia delle morti bianche in tutta la sua complessità?

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