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Il Pd in campagna elettorale chiude le porte all'amnistia

nostro inviato a Rimini

Per far fiorire il seme della pacificazione e chiudere la «ventennale guerra fredda» attraverso l'amnistia, forse Mario Mauro avrebbe a disposizione una sola arma: ricorrere a una missione di peace-enforcement dell'esercito italiano. Come il ministro della Difesa prova a richiamare tutti i partiti a una «prova di responsabilità» il clima si trasforma immediatamente in una confusa tempesta di suoni giustizialisti e veti incrociati. In realtà l'opportunità di un gesto di clemenza per alleggerire lo straordinario carico umano che grava sul nostro sistema carcerario è da tempo evocata dall'ex europarlamentare Pdl ora in Scelta Civica. L'ultima occasione pubblica fu quella della visita di circa un mese fa al penitenziario romano di Rebibbia. Ora in occasione del Meeting di Rimini il ministro della Difesa torna a invocarla, mettendola in collegamento senza ipocrisie o infingimenti, con il cortocircuito politico innescato dalla sentenza Mediaset.
«Il caso di Silvio Berlusconi si potrebbe risolvere con una amnistia», scaturita dal quadro di un «rinnovato spirito di riconciliazione nazionale nell'interesse del Paese». Secondo Mauro si tratterebbe di uno strumento «straordinario» per scongiurare la crisi e un ennesimo periodo di incertezza per l'Italia. «Propongo un atto di realismo. Nell'amnistia ricadrebbe anche il caso di Berlusconi e con lui delle migliaia di detenuti in sovrannumero che affollano le carceri italiane in attesa di giudizio. Il sistema carcerario italiano è inadeguato e sta scoppiando».
L'idea di un provvedimento generale di clemenza, ispirato a ragioni di opportunità politica e pacificazione sociale, viene sposata dal ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri. Ma al di là di queste opinioni autorevoli si cammina su un campo minato. Anche nella stessa Scelta Civica, per Mauro arriva lo stop dal presidente dei senatori del suo partito, Gianluca Susta: «Sono decisamente contrario». Una posizione che pare condivisa anche dallo stesso Mario Monti. Il capogruppo a Palazzo Madama spiega che «il problema per Berlusconi non riguarda la condanna quanto l'interdizione dai pubblici uffici, l'incandidabilità o la decadenza dall'ufficio di senatore o di qualunque altro ufficio pubblico. È un'altra cosa rispetto all'amnistia». E anche se Lorenzo Dellai, capogruppo alla Camera, prova a stemperare i toni e dice di «non vedere differenze sostanziali nel partito», la spaccatura è evidente, rafforzata da Andrea Romano che da lì a poco aggiunge che «l'amnistia presuppone l'uscita di scena degli sconfitti». Ci sono poi i parlamentari del Pd tra i quali l'ipotesi suscita una immediata crisi di nervi. «D'altra parte» spiega informalmente un esponente democratico «qui da noi ormai l'egemonia degli ex magistrati è forte e sarebbe difficile arrivare a dieci voti per un provvedimento del genere». L'amnistia o l'indulto «spettano al Parlamento e non riguardano il caso Berlusconi», dice Rosy Bindi. E Davide Zoggia definisce l'ipotesi «indecente e imbarazzante per chi la propone». Anche Sinistra ecologia e libertà dice no: «Se si parla di amnistia si fanno delle selezioni dei reati. E noi diciamo no ai reati più odiosi, quelli dei colletti bianchi» dice Gennaro Migliore. Dei grillini neanche a parlarne. Resta il Pdl che plaude all'iniziativa. «Se due membri del governo affrontano con serietà il problema dell'amnistia, ciò ha un valore che non può essere eluso, sottovalutato da chi ha a cuore le sorti dell'Italia» dice Sandro Bondi. Maurizio Lupi comunque chiarisce: «L'amnistia? Tante proposte ma non è stata presa in considerazione». Il traguardo di una maggioranza qualificata dei due terzi appare impossibile da raggiungere.

Tanto più che se per un provvedimento ad hoc a favore di Berlusconi Lega e Fratelli d'Italia non avrebbero problemi, sull'ipotesi di una amnistia fanno capire che non potrebbero fare concessioni. Il seme, insomma, può anche essere piantato. Ma le possibilità che possa germogliare sono praticamente pari a zero.

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