Il Pd, abbagliato dall'indiscussa vittoria alle amministrative, rischia di prendere fischi per fiaschi. Dopo essersi affrettato a mettere il cappello sulla vittoria di Ignazio Marino, che strappa il Campidoglio a Gianni Alemanno, il segretario Guglielmo Epifani ha scaldato i democratici parlando di "risarcimento" per la sconfitta di febbraio. Adesso i dem tenteranno di capitalizzare il risultato sul fronte del governo dal momento che, a detta dell'ex Cgil, il voto "dà più spinta al ruolo del Pd" all'interno dell'esecutivo. Peccato che il risultato delle comunali non viene mai replicato alle politiche. E basta dare uno sguardo ai sondaggi che circolano per capire che, a livello nazionale, il centrodestra resta saldo in testa staccando il centrosinistra di quasi un punto percentuale.
Tra primo turno e ballottaggi la sinistra a vinto tutto quello che poteva vincere. Non solo ha confermato Siena, feudo rosso per eccellenza scosso dallo scandalo del Montepaschi, ma ha addirittura vinto a Roma e a Brescia e ha espugnato roccaforti del centrodestra come Imperia e Treviso. Mentre la Lega subisce una debacle senza precedenti, il Pdl paga l'assenza di Silvio Berlusconi impegnato nella partita nazionale. Dai risultati che nelle ultime ore uscivano a tambur battente dalle ore è apparso sempre più evidente che il centrodestra vince solo quando il Cavaliere ci mette la faccia. Quando Berlusconi scende in campo, non ce n'è più per nessuno. Per questo, nonostante la caporetto di ieri, i sondaggi danno l'asse Pdl-Lega saldamente avanti a livello nazionale. Se gli italiani fossero chiamati a votare oggi, il partito di maggioranza resterebbe il Pdl. Secondo la rilevazione fatta da Emg per La7, gli azzurri sono al 28,1%, in crescita di 1,3 punti in una settimana, mentre il Pd sarebbe al 27,8% e il Movimento 5 Stelle calerebbe di nuovo al 19,7%. Se poi diamo uno sguardo alle coalizioni, il centrodestra avrebbe il 35,2%, mentre il centrosinistra il 34,6%. Per il sondaggio Tecnè realizzato per Sky, invece, il Pdl sarebbe al 29,7% ( 0,4% in una settimana) e il Pd stazionerebbe sotto di tre punti (26%). Anche per Tecnè, la coalizione di centrosinistra al 32,3% sarebbe dietro a quella di centrodestra (36,6).
Questi i numeri. Non ci sono le percentuali a demolire i democratici. La vittoria alle amministrative non risolve, infatti, lo scontro fratricida in atto. La sfida congressuale è alle porte e si annuncia accesa. Il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha segnato un punto a suo favore strappando nella riunione della segreteria, in asse con i "giovani turchi" e i dalemiani, una accelerazione sulle regole entro un mese. L’en plein nelle città, comprese roccaforti del centrodestra come Brescia, Treviso e Viterbo, non basta quindi a ridare fiato ai democratici dopo mesi di fallimenti, vendette e scontri interni. Sebbene Epifani gioisca per "il ritrovato orgoglio" degli elettori e si prodighi nel rendere omaggio all'ex segretario Pier Luigi Bersani, che a suo dire avrebbe "seminato" le premesse di una vittoria arrivata con tre mesi di ritardo, la segreteria piddì resta un coacervo di anime frammentate e bellicose. Lo stesso Bersani, dimessosi dopo la debacle sull’elezione del presidente della Repubblica, non ha certo rinunciato a togliersi qualche sassolino con chi, come Debora Serracchiani, rivendicava la vittoria dei candidati nonostante le colpe del Pd: "Un risultato strepitoso, aspetto naturalmente che qualcuno dica che il Pd ha perso o che si è vinto nonostante il Pd....". Nel giorno della festa, tutti cercano di prendersi i meriti di un risultato che non viaggia certo inparallelo alle vicende nazionali del Pd. Ieri Epifani ha ribadito che l’elezione del leader si concluderà entro l’anno ma quando, a quanto si apprende, il responsabile Riforme, il bersaniano Alfredo D’Attorre, è sembrato chiedere tempo sulle regole perché va rispettato l’iter deciso in direzione, cioè prima un dibattito nei circoli, si è saldato un asse tra renziani, dalemiani e "giovani turchi", tutti concordi ad accelerare i tempi per definire le regole. E così la prossima settimana comincerà a riunirsi la commissione Congresso che deciderà le regole entro un mese per il via libera definitivo, anche sui tempi, da parte dell’assemblea. I renziani (e non solo) temono che la platea degli elettori alle primarie per la leadership sarà ristretta o agli iscritti o a chi si registrerà in certi tempi.
Chiunque uscirà vincitore dal congresso piddì, dovrà fare i conti col Cavaliere che, stando ai sondaggi, continua a incassare consensi e a far accrescere il divario tra il centrodestra e il centrosinistra. A preoccupare l’ex premier è l’astensionismo unito però alla consapevolezza di essere ancora determinate per la vittoria del centrodestra. "Senza di me - è il ragionamento fatto con i fedelissimi - il Pdl non va da nessuna parte. I sondaggi ci danno in crescita ma solo se sono io alla guida". Il disastro elettorale ha come primo effetto quello di ridare voce a quanti nel partito sostengono da tempo che il Pdl così com’è non funziona più. Il Cavaliere è il primo ad esserne consapevole. Da qui il progetto di dar vita ad una struttura più leggera com'era agli albori Forza Italia. Quanto al governo, al momento, il Cavaliere non ha intenzione di alzare polveroni facendo intuire al presidente del Consiglio Enrico Letta che i risultati che attende sono altri e riguardano innanzitutto il versante economico. Ma se Berlusconi tace, è Alfano a lanciare per la prima volta una "stoccata" al premier.
In un’intervista al Foglio il vice premier chiede che venga data una "missione" all’esecutivo: "Se il tema del governo di necessità si ripete come una giaculatoria politica, il risultato è che quel che appare, è un esecutivo senza una sua missione autonoma".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.