Mentre Pier Luigi Bersani è impelagato nella partita quirinalizia più aggrovigliata della storia patria, dalla quale fa dipendere le sorti di un suo futuribile governo, alle sue spalle si è già aperto il congresso del Pd.
Matteo Renzi ha per la prima volta fatto capire che, se i tempi della politica lo costringeranno a farlo, è pronto a giocarsi la premiership anche in quella sede. E ora scende in campo, dopo lunga preparazione e qualche incertezza, il ministro Fabrizio Barca. Annuncia - in un denso documento pieno di parole arcane come «catoblepismo» e «mobilitazione cognitiva» - un messaggio chiaro e liberatorio per molti: «Basta ipocrisie, il Pd è un partito di sinistra». Un testo che, dice il renziano Paolo Gentiloni con una punta di ironia, «è un buon punto di incontro tra Oxford e le Frattocchie».
Ma un pezzo dei democrat tira un sospiro di sollievo, e guarda con speranza alla scesa in campo di chi può essere ora investito dell'impegnativo ruolo di antagonista dell'inarrestabile Renzi. Il diretto interessato a dire il vero ci va prudente, conscio di essere entrato in un terreno scivoloso e ricco di trappole, come dimostra uno scambio di tweet con Paola Concia: «Caro Fabrizio il primo giorno che ti iscrivi al Pd sei già candidato segretario?», chiede lei. E lui pronto risponde: «Bollinarmi come candidato segretario è il modo perfido per non discutere del merito. Aiutami a staccare il bollino».
Ma intanto l'arruolamento è già iniziato. «Spero che Barca conti subito tanto nel Partito democratico. Dobbiamo mettere in campo persone credibili, facce che, più che giovani, appaiano nuove e credibili», esulta, con annessa stoccata a Renzi, il presidente della Liguria Claudio Burlando. «Finalmente, grazie a Barca, non è più un tabù affermare che il Pd può avere un futuro solo se diventa esplicitamente una forza di sinistra», si congratula Vincenzo Vita. E anche da Massimo D'Alema arriva una benedizione: «Mi pare che abbia colto bene il fatto che non si governa senza partiti forti. È una visione che profondamente condivido». Prende le distanze la senatrice Roberta Pinotti: Barca è troppo «identitario e ancorato all'evoluzione storica della sinistra», meglio Renzi e la sua proposta «più attuale e lanciata verso il futuro». E l'irrequieto sindaco di Bari Michele Emiliano, si schiera dicendosi «pronto» ad un ticket col sindaco di Firenze.
Renzi non smette di incalzare, e da Napoli (dove ieri ha presentato un libro su Napolitano) manda a dire a Bersani che è ora di «dare risposte in tempi certi», e che «se si vuole fare l'accordo con il Pdl lo si faccia e lo si comunichi». Nel frattempo il suo ambasciatore in casa prodiana, Graziano Del Rio, lancia la candidatura al Colle dell'ex premier, che farebbe saltare i tentativi di intesa col Pdl: «Sarebbe un autogol per il centrosinistra mettere veti su Prodi». Renzi si è incaricato di affondare il nome voluto dagli ex Ppi, quello di Franco Marini: «Non è stato neppure eletto in Parlamento». E sul Quirinale avverte il segretario: «Niente accordicchi, non si barattano sette anni per le prossime settimane».
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