Pdl contro i pm politicizzati E Berlusconi resta a Milano

Il Cavaliere sceglie la linea soft e conferma il pieno appoggio al premier Letta. Auguri a Epifani: "Non è l'uomo dei nostri sogni ma spero che Dio lo illumini"

Pdl contro i pm politicizzati E Berlusconi resta a Milano

La lealtà e il sostegno pieno e convinto al governo Letta. Il dispiacere per la «distorsione» del messaggio inviato dal palco di Brescia, per quei titoli di giornale che non rispecchiano un discorso ancorato all'imperativo della responsabilità. Lo stupore e la preoccupazione per l'atmosfera rovente che ha potuto osservare con i suoi occhi a Brescia, per quella saldatura tra centri sociali e grillini che si è tramutata in provocazioni e violenza ai danni dei manifestanti del Pdl. Ma anche la soddisfazione e la commozione per l'ennesimo bagno di folla, per un'affluenza che ha superato le previsioni e dimostrato, una volta di più, quanto stretto continui a essere il rapporto con la sua gente.

Silvio Berlusconi, il giorno dopo il comizio di piazza Paolo VI, parla con i dirigenti del partito. E riflette se partecipare o meno alla manifestazione di solidarietà che i parlamentari azzurri organizzeranno oggi a Roma, probabilmente in un'auletta della Camera. Una scelta non facile alla luce delle pressioni esterne e della necessità di stemperare il clima e gettare acqua sul fuoco in un momento in cui gli animi del Paese appaiono surriscaldati. L'intenzione del presidente del Pdl appare chiara: resterà a Milano, là dove andrà in scena un'altra puntata del romanzo giudiziario della Procura di Milano, con la possibile richiesta di condanna per il caso Ruby. Dalla capitale arriverà, invece, quel segnale di vicinanza al «presidente sotto attacco». Un modo per mettere d'accordo i falchi e le colombe di Via dell'Umiltà e cucire in un tessuto unico l'indignazione montante con le responsabilità di governo.
Berlusconi, nonostante la stanchezza accumulata, le amarezze giudiziarie e il calo di pressione accusato alla fine del comizio di Brescia, non ha perso la voglia di combattere, ma anche di mettere in campo iniziative politiche. Sabato sera, ad esempio, nonostante un ritardo dovuto al piccolo malore accusato nel retropalco, ha voluto a tutti i costi essere presente alla cena di autofinanziamento in suo onore con settecento presenti. Una platea composta soprattutto di imprenditori (ciascuno pagava mille euro) in cui l'ex premier ha preso la parola per ribadire che non derogherà dall'appoggio al governo Letta. «L'Italia viene prima del Pdl, il governo deve durare», il suo messaggio, accompagnato da ricette concrete come la rimodulazione del sistema fiscale, la riduzione del costo del lavoro e la rivisitazione dei poteri di Equitalia, una misura, quest'ultima, fondamentale per regalare maggiore respiro - leggi rateizzazioni - a chi si trova imprigionato nella tagliola delle riscossioni coatte. Il ragionamento strappa consensi a una platea desiderosa di ritrovare una leadership forte, capace di rappresentare al meglio gli interessi di chi, in un momento di grande difficoltà, cerca di muovere l'economia. Consensi dai presenti arrivano anche per gli «auguri di cuore» inviati a Guglielmo Epifani, neosegretario del Pd, un omaggio senza ironia, pronunciato nel nome della coabitazione al governo. «Non è l'uomo dei nostri sogni ma spero che Dio lo illumini perché il momento è delicato per tutti».

Berlusconi torna anche sulla piazza di Brescia. Racconta di essere rimasto colpito dalla violenza ma definisce la manifestazione «riuscitissima» e «mediaticamente ineccepibile». Parla di un dividendo incassato dal partito: «Quei contestatori hanno fatto capire una volta di più che, per chi ha a cuore le sorti del Paese, esiste solo una scelta possibile: quella del Pdl». E sottolinea il grande affetto dispensatogli a piene mani dalla sua gente.

Un fenomeno che si ripete - a Mariastella Gelmini alcune signore consegnano un borsone pieno di sale e di amuleti per «proteggerlo dai tanti che gli vogliono male» - e che, oggi più che mai, sembra essere diventato per lui un combustibile necessario per continuare a lottare, senza rinunciare a occupare la prima linea del campo di battaglia politico.

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